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Editoriale
01 marzo 2008
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista Marzo - 2008
Serve un secondo sindacato?

Il terremoto che si è abbattuto in questi ultimi anni sulle farmacie ha una causa e qualche responsabile? Forse di cause ne ha più di una, o forse era inevitabile. Tuttavia, la circostanza che la categoria dei farmacisti sia stata, di fatto, l'unica "casta" colpita nei suoi presunti privilegi lascia l'amaro in bocca. E, soprattutto, lascia spazio a chi, forse ingiustamente, critica il sindacato unico per il fatto di non essere stato in grado di difendere al meglio la categoria. In tutta risposta, altri sostengono che senza l'interessamento del sindacato le cose avrebbero potuto andare molto peggio. Di certo, il sindacato unico, in questi anni di turbolenza, non è stato a guardare. Forse ha commesso qualche errore, ma la gestione dell'emergenza, si sa, non è priva di rischi e non è certo cosa semplice. Così, risulta facile quanto inutile, a posteriori, scagliarsi contro la resistenza agli inviti dell'Antitrust per favorire la concorrenza, criticare le varie direttive di applicazione degli sconti (panieri e sconto unico) e le relative forme di controllo nei confronti dei singoli farmacisti, o giudicare l'efficacia della campagna stampa che descriveva la farmacia come "la casa della salute". Sono critiche sterili, oggi, come del resto lo erano ieri, quando erano proposte "in tempo reale". Ma perché erano e rimangono sterili? Forse, è proprio il fatto che il sindacato sia unico che rende ogni critica inutile. Rimangono critiche di protesta, non di proposta. Pur se esse spesso giungono dalla base, non hanno modo di avere un peso se non nel lungo termine, quando potranno eventualmente tramutarsi nell'elezione di altri rappresentanti provinciali, che poi, forse, nomineranno nuovi vertici nazionali. Ma i tempi di tali meccanismi democratici sono troppo lunghi per dare risposte nelle emergenze e sono, in questo senso, inutili. Che fare, allora? Forse l'unica cosa sarebbe superare l'epoca del sindacato unico, in modo che, all'interno di un confronto tra pari, le criticità possano divenire proposte e si trasformino da sterile protesta in un positivo scambio di idee. Inoltre, due sindacati al posto di uno potrebbero fare, nelle trattative, il gioco delle parti. E, cosa ancora più importante, la base potrebbe scegliere e avrebbe modo di riconoscersi maggiormente nei propri rappresentanti. Con due sindacati, molte proteste potrebbero essere più concrete, e anche lo strumento dello sciopero, che inevitabilmente divide, potrebbe essere meglio gestito. Ma come può nascere un nuovo sindacato? Le strade sono due. Può nascere in sordina e crescere, spinto da motivazioni ideologiche molto forti in chi lo segue. Inizialmente, infatti, esso potrebbe avere qualche difficoltà nell'offrire i servizi necessari agli associati, in primis per motivi economici, ma anche per problemi di visibilità e peso politico. Proprio per questo, proteste a parte, potrebbero non essere molti i farmacisti disposti a sposare in prima battuta un progetto del genere. L'altra opzione è quella di un nuovo sindacato che, per attrarre fin da subito i farmacisti, abbia già alla nascita una valenza nazionale e non solo locale. Dovrebbe, insomma, nascere già forte. Tale ipotesi prevede un investimento iniziale importante, per creare una struttura di uomini e mezzi all'altezza della situazione. Così la scelta per i farmacisti sarebbe quella, meno rischiosa, tra due vie maestre, entrambe in grado di proporre servizi di qualità, ma differenti da un punto di vista ideologico. Chi ha voglia di provarci deve pertanto avere coraggio, pensare in grande, rischiare e metterci la propria faccia. La protesta e la critica che oggi serpeggiano tra la base può essere raccolta solo da una proposta importante, non da tentativi sparuti. Ma c'è davvero qualcuno che, oltre alla faccia, è disposto ad investire denari in un simile progetto? Se sì, non esiti a farsi avanti, potrebbe valerne la pena.

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