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07 marzo 2012
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista N. 2 Marzo 2012

Non ci eravamo sbagliati. La sostanza del decreto non è cambiata e ha conservato come unico intendimento l'aumento del numero delle farmacie. Mentre sta per andare in stampa questo numero di Nuovo Collegamento, è stato licenziato dalla X Commissione del Senato il nuovo testo dell'articolo 11 del decreto sulle liberalizzazioni che sarà presto approvato dai due rami del Parlamento. Non possiamo nascondere che il testo non ci convince. Anzitutto, perché contiene diversi passaggi di difficile interpretazione che creeranno non pochi contenziosi. A tale riguardo, speriamo che i punti oscuri vengano presto chiariti. Ma il testo non ci piace anzitutto perché lascia la farmacia in balia delle difficoltà che, da tempo, ne limitano lo sviluppo e creano incertezza per il futuro. Ogni cambiamento, se da un lato crea inevitabili difficoltà, dall'altro lato introduce nuove garanzie con le quali confrontarsi. Oggi, invece, l'unica certezza è che il numero delle sedi aumenterà. Ma nulla cambia rispetto ai punti che indeboliscono la farmacia e, quindi, la professione. I prezzi dei farmaci continuano a diminuire e, con essi, anche il fatturato. Al sud, i pagamenti delle Asl continuano ad arrivare, se arrivano, a singhiozzo. Dal punto di vista commerciale, pur aumentando il numero degli esercizi, la concorrenza delle parafarmacie e della grande distribuzione non si indebolirà. I farmacisti che oggi gestiscono le parafarmacie, anche se risulteranno vincitori di nuove sedi, lasceranno aperte le precedenti attività e continueranno a fare pressione per distribuire anche i farmaci di fascia C. Al loro fianco, la forza dei gruppi della grande distribuzione chiederà la medesima cosa. Fintanto che i varchi di incertezza aperti non saranno chiusi da normative stabili, la categoria rischierà di rimanere inerte, come troppo spesso ha fatto in questi anni. Negli ultimi tempi, ad ogni colpo subito abbiamo risposto con frasi del tipo "poteva andare peggio". Ma peggio dell'incertezza, in ogni campo, non c'è nulla. Per superarla la farmacia non ha mai fatto una proposta concreta: abbiamo abbassato la schiena e continuato a lavorare in condizioni ogni giorno più difficili. Forse, se anziché accettare lo stato delle cose avessimo dato la forza ai nostri organi dirigenti per avanzare una proposta che venisse incontro alle esigenze del Governo e dei cittadini, non avremmo subito questo accanimento, anche da parte dei media, verso l'istituto farmacia. Inoltre, se fossimo stati maggiormente vicini alle esigenze della popolazione in materia di orari e di ferie; e se i titolari di farmacia, anziché aprire le parafarmacie, avessero agevolato le istituzioni di nuove sedi farmaceutiche nei quartieri dove queste mancavano, sicuramente il cittadino oltreché apprezzarci come professionisti, ci avrebbe apprezzato anche come categoria. A questo punto, ancora una volta, non resta che rimboccarci le maniche e trovare il modo di fare quadrare i bilanci. Occorre ottimizzare i costi, risparmiare. Sarà utile creare delle reti tra colleghi al fine di ridurre le spese fisse di gestione e migliorare gli acquisti. Si dovranno sviluppare i settori dell'extrafarmaco che compongono l'offerta della farmacia, specializzandosi per offrire risposte professionali ed esaurienti ai cittadini e, al tempo stesso, coprire le continue riduzioni degli introiti legati ai farmaci. Nel suo piccolo,Utifar può unicamente adoperarsi per fornire ai farmacisti un supporto tecnico. A Verona, nel prossimo mese di ottobre si terranno le giornate Farmadays, nel corso delle quali saranno proposti ai farmacisti dibattiti e convegni sulle misure più urgenti da adottare per rispondere alle difficoltà del momento. Sviluppare i settori che compongono l'offerta della farmacia e riacquisire l'esclusiva sulla dispensazione al pubblico del farmaco sono i temi a nostro avviso più importanti.

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