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12 dicembre 2012
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista N.8 Novembre - Dicembre 2012

Forse, una tra le affermazioni più irritanti è rappresentata dalla formula: "Io l'avevo detto!". Tuttavia, di fronte alla riforma sulla remunerazione attualmente in discussione, non possiamo esimerci dal fare nostra questa odiosa frase. Se non altro, perché il tempo fin qui perduto rischia di pesare come un macigno sui bilanci già stremati delle farmacie. Noi di Utifar, esattamente tre anni fa, organizzammo a Roma un convegno sul tema della remunerazione per portare all'attenzione di tutta la categoria la necessità di superare il sistema basato sul prezzo dei farmaci che, già da tempo, aveva imboccato la strada dell'inarrestabile discesa. Noi l'avevamo detto, chiamando in quella sede a testimoniare esperti di paesi a noi vicini, come la Svizzera, che a quel sistema erano già passati con ottime soddisfazioni. Se si prendono i dati di allora, tenendo presente la condizione dell'invarianza di spesa, che tanto piace all'attuale Governo, si ottiene un valore della dispensazione che si aggira tra i 3,5 e i 2,80 euro per ogni pezzo. Oggi, invece, sentiamo parlare di proposte che si aggirano attorno a 1,90 euro. Peccato per il tempo perduto che, con il suo infruttuoso trascorrere, si è portato dietro ulteriori cali di prezzo dei farmaci e, di conseguenza, i bilanci e la marginalità delle farmacie. Essendo Utifar un'unione tecnica, il nostro ruolo è solo di proposta e di segnalazione. Sta poi ad altri portare avanti, in sede di confronto politico e istituzionale, le tematiche che interessano la professione. Essendomi ormai immedesimato nella poco gradevole immagine di colui che vanta di averla vista lunga, lasciate che vi segnali un altro episodio. Nel gennaio del 2012, Utifar si è fatta promotrice di una proposta per la riorganizzazione del servizio farmaceutico che apriva alle liberalizzazioni e all'ingresso del capitale. Il senso della proposta era di lasciare spazio al libero mercato, ponendo come unica condizione alle nuove aperture il rispetto di una distanza minima tra le sedi. Si trattava di una proposta certamente coraggiosa, che però avrebbe permesso il superamento di una serie di situazioni che ci tormentano e non permettono di guardare con fiducia al domani ad una categoria che a fino ad oggi ha doverosamente messo la sua professionalità al servizio del Paese. Anzitutto, la precaria convivenza tra farmacie e parafarmacie. Inoltre, avrebbe reso inutile l'istituzione del concorso straordinario e messo a tacere, una volta per tutte, qualsiasi spinta liberista e qualsiasi forma di pressione alla categoria ad essa legata. In poche parole, avrebbe lasciato che a decidere per il futuro fossero solo le leggi del mercato e non più le trattative politico-istituzionali, con le relative posizioni di forza e di debolezza. A mio avviso, una regolamentazione semplice e chiara avrebbe permesso di operare con tranquillità e guardare al lungo periodo. Del resto, tutti i settori di impresa necessitano anzitutto di chiarezza rispetto alle regole. Oggi, siamo in una situazione del tutto opposta e il nostro futuro appare più che mai incerto. Alle 18mila farmacie, molte delle quali sull'orlo di una crisi finanziaria, si aggiungono 4mila parafarmacie che non sanno quale sarà il loro destino; e abbiamo in progetto l'apertura di 4mila nuovi esercizi di farmacia. Questi ultimi assegnati con un concorso confuso che, mi auguro, sia utile a quei colleghi che giustamente aspirano alla possibilità di avere una propria farmacia. Di certo, la confusione tornerà utile a tutti quei professionisti che si occuperanno dei vari ricorsi. Da più parti, si continua a chiedere alle farmacie di fare parte di un mercato libero. Noi di Utifar ci siamo chiesti: "Perché no? Siamo sicuri che liberalizzare sia davvero una cattiva idea? Non potrebbe, invece, essere l'occasione per avere una normativa semplice e chiara?" Non potrebbe essere che della chiarezza, per una volta, possano beneficiare i farmacisti e non gli avvocati?" Ultima segnalazione, che propongo sperando di non trovarci a dire, tra qualche mese, che l'avevamo detto. Da quando Bersani ha abolito l'incompatibilità tra la farmacia e l'attività di grossista, assistiamo ad una proliferazione di colleghi che fanno i grossisti, spesso all'interno dell'attività di farmacia. Questo espediente, forse, potrà portare qualche piccolo utile, ma di certo non aggiunge nulla alla nostra professionalità. Al contrario, questi comportamenti, che io stigmatizzo con forza, contribuiscono a determinare una carenza di medicinali contingentati, a scapito del cittadino. Questa situazione, probabilmente, potrà essere oggetto di poco piacevoli attenzioni da parte di trasmissioni televisive. Ma, quando ci scaglieremo contro le inchieste arrembanti e spesso sommarie, dovremo anche ricordarci che siamo stati noi stessi a provocare disagi a tanti cittadini che non riescono a trovare i farmaci di cui necessitano. Forse la proposta di un ritorno ad una regolamentazione dell'attività di grossista sarebbe da auspicare; e mi auguro che i nostri rappresentanti ci pensino in tempo. A tal proposito, mi ha fatto molto piacere che, Max Liebl, a cui vanno i migliori auguri di Utifar per la nomina a Presidente del PGEU, abbia affrontato subito l'argomento con gli altri colleghi europei. Ascoltiamo chi ha il coraggio di avanzare proposte, finché siamo in tempo.

Con questo auspicio, auguro a tutti i lettori un buon Natale e un ottimo 2013.

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