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30 settembre 2011
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista Agosto - Settembre 2011

Ho atteso l'ultimo momento prima di scrivere questo editoriale, per evitare che i pensieri scritti fossero superati dagli avvenimenti che si stanno susseguendo rapidamente, creando insicurezza nella nostra professione. Mi auguro, comunque, di non provocare la meraviglia di alcuno ringraziando Andrea Mandelli, Annarosa Racca, la loro squadra professionale e tecnica e il collega senatore Luigi d'Ambrosio Lettieri per il risultato ottenuto. Il senatore d'Ambrosio Lettieri, a tal proposito, è stato anche indicato come l'estremo difensore della "casta" dei farmacisti. Vorrei spiegare a chi afferma queste cose, praticando una facile demagogia, che noi non stiamo difendendo i nostri privilegi: vogliamo solo evitare che politici, non conoscitori del nostro mondo, decretino la fine di un servizio apprezzato dalla popolazione e che funziona veramente. Una liberalizzazione selvaggia non servirebbe a nessuno. Al contrario, essa provocherebbe solo un peggioramento del servizio, sia in termini di diffusione delle farmacie sul territorio, sia in termini di qualità. I dati del 2010 dicono che i prodotti Otc sono stati acquistati per il 92% in farmacia, per il 3% presso la Gdo e per il 5% presso le parafarmacie. Questo dimostra chiaramente che i cittadini, se la farmacia è presente, non hanno bisogno di farmaci al di fuori della farmacia. Allora bisogna rimettersi in gioco con fermezza, con convinzione, riaffermando alcuni principi fondamentali, come il farmaco in farmacia e il riconoscimento della pianta organica come salvaguardia dei piccoli comuni; ma concedendo al contempo delle aperture in termini di ferie, di orari, di rapidità nei modi di istituzione del servizio farmaceutico, dove la cittadinanza ne sia sprovvista. Se iniziamo a ragionare sulla costruzione di una nuova proposta, che affronti in maniera definitiva questi problemi, riusciremo a dare certezze a chi investe nel proprio lavoro e nella farmacia, sviluppando attività e producendo le risorse necessarie a consentire al farmacista di poter assicurare la stessa qualità di servizio, mantenuta fin ora, sul territorio. A mio personale parere, dovremmo anche ragionare su una maggiore formazione, riguardante i nuovi settori che la farmacia deve sviluppare e su una pianta organica dei farmacisti in farmacia, che leghi il numero dei collaboratori laureati al fatturato, eliminando l'abusivismo professionale che tanto male fa alla nostra immagine. In pratica, potremmo ragionare tutti insieme per scrivere, senza timori, nuove regole che, rendendolo attuale, non facciano correre rischi al sistema nel suo insieme.

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