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15 luglio 2024
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista N 5 | 2024 Nuovo Collegamento

Negli ultimi anni, la farmacia ha subito una significativa trasformazione, evolvendosi a centro polivalente di servizi sanitari. La Legge di Bilancio 2020 ha giocato un ruolo cruciale nella trasformazione della nostra professione, prorogando ed estendendo a tutte le Regioni italiane la sperimentazione della “Farmacia dei Servizi”, con un investimento di oltre 50 milioni di euro tra il 2021 e il 2022. A questo provvedimento ne sono seguiti molti altri, che hanno autorizzato il farmacista ad eseguire vaccini, tamponi e prelievo di sangue capillare. Il tutto nell’ottica di avvicinare sempre di più questi servizi al cittadino, anche nei punti più remoti della nostra penisola. 
Questi cambiamenti, attentamente valutati nel corso degli anni dal legislatore, rientrano in un più ampio processo di trasformazione dell’assistenza territoriale e rafforzano il ruolo del farmacista come figura centrale nel sistema sanitario. Forse, proprio per questo motivo, le novità previste stanno creando diverse preoccupazioni in chi non vuole che le cose cambino o in chi pensa che l’attuale sistema della sanità territoriale, che la pandemia ha dimostrato fare acqua da tutte le parti, resti immutato nel tempo. Così, negli ultimi tempi, si sono sollevati in proteste spesso scomposte: dapprima i biologi, poi diverse rappresentanze di categoria dei medici e, da ultimo, anche parte della stampa nazionale.
E' infatti di pochi giorni fa uno speciale dell’inserto Salute di La Repubblica dedicato ai cambiamenti riguardanti la farmacia. Accanto ad analisi e pareri di alcuni esperti del settore che, sebbene opinabili, offrono spunti di confronto autorevoli sulla questione, l’inserto ha proposto box di testo e titoli davvero poco coerenti e per nulla costruttivi.
Il titolo la dice già tutta: “Vado in farmacia, stare bene è un business”. 
La perentoria associazione tra i servizi in farmacia e un’attività di business è davvero fuorviante o, quantomeno, prematura, visto che ancora non sappiamo quanto, come e nemmeno se i servizi ci verranno pagati dal Ssn.
Gli strilli dello speciale, ovvero quelle frasi riportate in grafica a caratteri molto grandi e utili al lettore per farsi velocemente un’idea del contenuto dell’articolo, sono ancora più significativi.
Gridando che “Tutti i dati del nostro fascicolo sanitario finirebbero nelle mani di esercizi commerciali”, lo speciale rimarca l’idea che la farmacia dei servizi sia prevalentemente una questione di affari, senza ricordare che, nel nostro paese, l’ingresso dei privati nella gestione della salute pubblica non è certo una novità.
Rimarcando poi che “Le persone possono decidere di fare esami inutili a pagamento. Chi valuterà i risultati?”, si vuole anche fare intendere al lettore la mancanza di competenze da parte dei farmacisti nella valutazione dei risultati, senza che nessuno abbia mai nemmeno avanzato l’ipotesi che saranno i farmacisti ad ottemperare a questo compito di chiara pertinenza medica.
Tutti questi attacchi significano però che la farmacia fa paura, non solo per la sua capillarità, ma soprattutto per la professionalità dei farmacisti e per l’attenzione che diamo ogni giorno al cittadino. Noi parliamo in prima persona con i cittadini, non usiamo il telefono, non ci serviamo di segretarie per farci da filtro. Noi ci mettiamo la faccia!!!
Proprio per questo, a noi farmacisti fa sempre male trovarci a subire critiche ingiustificate. Ma la vera questione è un’altra: come dobbiamo rispondere?
Certo, è opportuno, come di recente ha fatto il presidente di Federfarma Marco Cossolo, richiamare alcuni punti fondamentali che riguardano la riforma e il suo iter legislativo. Anzitutto, è giusto ricordare che le farmacie, sin dal 2009, hanno investito nell’ampliamento dei servizi e nella formazione professionale dei farmacisti per rispondere meglio alle esigenze di salute dei cittadini e migliorare l’organizzazione territoriale dell’assistenza sanitaria. E' poi sacrosanto richiamare alcune sentenze, come la 111/2021 del Consiglio di Stato che riconosce la transizione del ruolo della farmacia da mera distribuzione di prodotti farmaceutici a erogazione di prestazioni e servizi socio-sanitari, definendo le farmacie come centri sociosanitari polifunzionali. Oppure la sentenza 171/2022 della Corte Costituzionale conferma che la diffusione capillare delle farmacie giustifica l’erogazione di nuovi servizi socio-sanitari, garantendo un elevato e uniforme livello di qualità dei servizi in tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, ai cittadini questi messaggi non arrivano in maniera così dirompente da dissipare i dubbi sollevati da discutibili servizi di stampa.
Nell’attesa che le rappresentanze di categoria trovino la giusta forma comunicativa o legale per rispondere ad attacchi così pesanti, noi singoli farmacisti possiamo continuare a fare la nostra parte. 
Alle accuse di volere fare soldi sfruttando le attuali difficoltà di usufruire di una adeguata, moderna e capillare assistenza sanitaria territoriale, risponderemo sempre con il nostro lavoro quotidiano e con tutta la vicinanza che sappiamo dimostrare ai bisogni dei cittadini.
E alle accuse di incompetenza che, più o meno velatamente si cerca di diffondere nei nostri confronti, continueremo a rispondere con una formazione continua di qualità. 
Noi di Utifar facciamo la nostra parte in questo senso, e continueremo a farla con sempre maggiore determinazione. 
Perché andare in farmacia non è questione di business, ma di salute.

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