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07 settembre 2015
Richiesta

Il Comune presso il quale ha sede la mia farmacia, dopo avere esercitato il diritto di prelazione per l'apertura di una nuova farmacia prevista in pianta organica, aveva creato una srl ad hoc per cedere all'asta una quota della società. L'asta andò deserta e, in seguito, la srl è stata liquidata. Ora, il Comune vorrebbe affidare per 30 anni in concessione a terzi la gestione della farmacia attraverso gara pubblica con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Si tratta di una pratica lecita? Oppure è impugnabile?

E con quali argomentazioni potrebbe essere avanzato un eventuale ricorso?

Consulenza

 

Da sempre la gestione delle farmacie comunali ha comportato notevoli contrasti giurisprudenziali e svariate interpretazioni delle norme in materia, dando vita non solo a numerosi contenziosi lungo la Penisola ma, e soprattutto, a diverse forme di gestione delle farmacie comunali. Detto contrasto ha interessato anche la Giustizia Amministrativa e la Giustizia della Corte dei Conti e solo ultimamente proprio con la sentenza del 13/11/2004 della III Sez. del Consiglio di Stato la Giurisprudenza Amministrativa ha ammesso la possibilità per i Comuni di affidare la gestione delle farmacie superando i limiti posti dall'art. 9 della L. 475/68. Afferma, infatti, la citata decisione:" ... si deve ritenere che un comune, nel caso in cui non intenda utilizzare per la gestione di una farmacia comunale i sistemi di gestione diretta disciplinati dall'art. 9 della legge n. 475 del 1968, possa utilizzare modalità diverse di gestione anche non dirette; purché l'esercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti all'esercente a tutela dell'interesse pubblico. In tale contesto, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non può oramai più ritenersi escluso l'affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica. Del resto l'affidamento in concessione a terzi attraverso gare ad evidenza pubblica costituisce la modalità ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico. Nella pratica tale modalità risulta peraltro già concretamente utilizzata da numerosi comuni. Anche, invero, utilizzando il modello della concessione a terzi, il servizio pubblico farmaceutico può essere svolto, come si è accennato, in modo che siano garantiti gli obiettivi di rilevanza sociale che ne giustificano l'istituzione. Tali obiettivi possono essere perseguiti con apposite clausole nel contratto di servizio sottoscritto con il concessionario, attraverso concrete modalità di controllo della gestione e con la previsione di sanzioni nel caso di inadempimento degli obblighi imposti al concessionario e con una dettagliata carta dei servizi in cui siano indicati i livelli qualitativi e quantitativi del servizio da erogare; tutto ciò al fine di garantire che la farmacia comunale possa comunque continuare ad assicurare al comune non solo un utile economico (attraverso la percezione del canone concessorio e di una percentuale sugli incassi) ma anche quegli standard qualitativi e quantitativi volti a garantire l'efficace svolgimento della funzione sociale propria del servizio farmaceutico comunale. A tale conclusione è giunta di recente anche l'AVCP, ora ANAC, che, con la deliberazione n. 15 del 23 aprile 2014, ha affermato che l'affidamento in concessione può essere ora una delle modalità di gestione delle farmacie comunali. Il possibile affidamento in concessione a terzi (anche) del servizio pubblico farmaceutico risulta peraltro coerente con i principi, anche comunitari, secondo cui quando un soggetto pubblico non provvede in proprio (o con propri soggetti strumentali) alla gestione di un servizio pubblico, pur non rientrando i contratti di affidamento dei pubblici servizi - figura cui appare riconducibile la gestione della farmacia comunale - nell'ambito di applicazione delle direttive CE che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, le amministrazioni che li affidano sono tenute comunque a rispettare le disposizioni ed i principi contenuti nel Trattato CE; ed in particolare i principi di non discriminazione in base alla nazionalità, di parità di trattamento e di trasparenza, con il conseguente obbligo di attuare procedure concorsuali che assicurino, nel caso di ricorso al mercato, affidamenti nel rispetto del canone di imparzialità (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Teleaustria e Telefonadress; cfr. anche art. 30 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163). In proposito anche questa Sezione ha affermato che le disposizioni contenute nell'art. 9 della legge n. 475 cit., che prevedono l'esercizio diretto di un servizio pubblico per i suoi rilevanti fini sociali (Consiglio di Stato, sez. III, n. 729 dell'8 febbraio 2013), non possono essere richiamate per impedire l'applicazione dei principi, anche comunitari, dettati per i servizi pubblici di rilevanza economica quando l'attività assuma un prevalente rilievo economico (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3647 del 9 luglio 2013, cit.). Peraltro il carattere sanitario di un servizio pacificamente non esclude che esso possa essere oggetto di un confronto concorrenziale tra più operatori economici in possesso dei necessari requisiti". Di talchè, alla luce di detta decisione, risulterà difficile poter sovvertire eventuali delibere comunali di affidamento della gestione di farmacie comunali a terzi a meno di evidenti vizi di legittimità in cui possa incorrere l'Amministrazione che, ormai, è sempre più attenta in materia di distribuzione ed assegnazione di farmacie derivandole dalle stesse notevoli vantaggi economici.

Avv. Paolo Leopardi

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