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01 marzo 2008
Richiesta

Dal decreto Storace in poi, alcuni colleghi si sono lanciati in una indecente concorrenza facendo sconti anche o soprattutto su farmaci etici; l'Ordine interessato di questo problema si muove cautamente; i colleghi furbetti nonostante i reiterati richiami continuano i comportamenti scorretti, con grande nocumento degli altri. Quale atteggiamento bisogna pretendere dal presidente e dal consiglio dell'Ordine? A chi spetta intervenire per porre fine a tale indegno comportamento?

Consulenza

L'art. 3 della legge di ricostituzione degli Ordini -lettere f) e g)- stabilisce che al Consiglio Direttivo di ciascun Ordine spetta di: esercitare il potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi professionisti iscritti nell'albo, salvo in ogni caso, le altre disposizioni di ordine disciplinare e punitivo contenute nelle leggi e nei regolamenti in vigore (lettera f), e di interporsi, se richiesto, nelle controversie fra sanitario e sanitario, o fra sanitario e persona o enti a favore dei quali il sanitario abbia prestato o presti la propria opera professionale, per ragioni di spese, di onorari o per altre questioni inerenti all'esercizio professionale, procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di non riuscito accordo, dando il suo parere sulle controversie stesse (lettera g). L'applicazione di sconti su medicinali per i quali non è prevista tale possibilità (medicinali che richiedono ricetta medica) configura violazione dell'art. 125 TULS e, in relazione a tale violazione, illecito deontologico per concorrenza sleale di cui all'art. 3, comma 2, lettera b) del nuovo Codice Deontologico del Farmacista. L'art. 38 del D.P.R. 5.4.1950 n. 221, dispone che siano sottoposti a procedimento disciplinare, da parte del Consiglio dell'Ordine al quale sono iscritti, i sanitari che si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell'esercizio della professione o, comunque, di fatti disdicevoli al decoro professionale. Si tratta di comportamenti, non necessariamente configurabili come reati e quindi non sempre penalmente perseguibili, contrari alla deontologia della relativa professione.

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