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15 marzo 2010
Richiesta

Vorrei qualche chiarimento circa l'articolo comparso sul numero di febbraio di Farma Mese dal titolo: "E' sempre un rischio l'allestimento di galenici magistrali in farmacia". Io sono un farmacista preparatore e mi sono molto allarmato e sto pensando se continuare ad allestire preparazioni magistrali o smettere. Grazie per un vostro commento.

Consulenza

L'articolo commenta uan recente sentenza del Tribunale penale di Novara che condannerebbe, secondo l'autore (la sentenza non è ancora reperibile e quindi il condizionale è d'obbligo), medico e farmacista i quali avrebbero, rispettivamente, prescritto ed allestito una preparazione a scopo dimagrante. L'attività prescritttiva e galenica sarebbero avvenute nel pieno rispetto della normativa vigente, nonostante la ricetta sia giunta in farmacia non tramite il paziente, fatto certamente censurabile. Sia il medico che il farmacista avrebbero però rispettato in particolare la legge 94/98 (cosidetta legge Di Bella) ed ogni altro obbligo a loro carico. La sentenza baserebbe la condanna del farmacista, dopo quella del medico, sulla sua condotta omissiva, avendo eseguito la preparazione anzichè rifiutarla in quanto pericolosa ed in grado di produrre effetti collaterali quali insonnia, irritazione ed astenia. Anche l'autore dell'articolo ritiene la sentenza molto grave ma non per questo è giustificato il messaggio di allarme contenuto nel titolo. La sentenza di condanna è stata impugnata e pertanto è auspicabile la sua riforma in appello. Tutte le attività professionali presentano dei rischi e quella del farmacista non meno delle altre. Non si dimentichi però che il farmacista:

1) ha l'obbligo di spedire le ricette nel tempo strettamente necessario per eseguire magistralmente le preparazioni (art. 38 Reg. Serv. Farm. R.D. 1706/38) ovviamente nel rispetto delle leggi e delle limitazioni imposte;

2) non può sindacare l'operato del medico, nè criticarlo (vedi codice deontologico del farmacista), ma non deve dare corso alla preparazione quando prescritta in violazione delle relative norme. A questo proposito la valutazione della compatibilità della prescrizione con le condizioni di salute del paziente spetta al medico e non al farmacista;

3) se il principio sostenuto nella sentenza dovesse valere per tutte le prescrizioni, il farmacista dovrebbe allora, non solo rilevare le aplesi incompatibilità tra farmaci, ma intervenire su tutte le ricette in relazione agli effetti collaterali ed alle avvertenze contenute nei foglietti illustrativi.

In conclusione la vicenda, come riferita nell'articolo, non deve suscitare allarme in quanto caso isolato e frutto di un atteggiamento di diffidenza verso la galenica, molto spesso ingiustificato.

 

Prof. Maurizio Cini

AFK
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