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30 novembre 2007
Richiesta

Ho vinto una sede farmaceutica e ho quindi lasciato la precedente farmacia, gestita in impresa familiare con il mio coniuge. Questa è stata assegnata al primo in graduatoria il quale, su consiglio del suo commercialista, intende pagare l'indennità di avviamento tentando di detrarre dal reddito Irpef della farmacia il lavoro svolto da mio marito, invocando la sentenza della Corte di Cassazione sez. 1, n. 7220 del 26 giugno 1995. E' legittimo?

Consulenza

La pretesa di controparte di detrarre dal reddito imponibile su cui calcolare l'indennità di avviamento quanto corrisposto al collaboratore familiare è infondata anche alla luce della sentenza n. 7220/95 della Corte di Cassazione su cui pretende di fondarsi.
Tale sentenza infatti stabilisce che per reddito accertato agli effetti dell'Irpef non può intendersi il reddito della farmacia decurtato di tutto quanto sia consentito detrarre, ma soltanto il reddito decurtato di quanto è stato necessario spendere per la sua produzione.
Ciò comporta che il gestore che si faccia coadiuvare da un collaboratore familiare o da un associato in partecipazione, come nel caso specifico esaminato dalla Cassazione, dovrà considerare deducibile, in quanto costo di produzione, solo la parte di quanto versato al collaboratore familiare od all'associato corrispondente al compenso di un coadiutore dipendente, secondo la normativa o le leggi del mercato ambientale.
Quindi, anche accettando questa tesi, peraltro a mio parere discutibile, più favorevole a chi deve versare l'indennità di avviamento, non può certo concludersi per la deducibilità dal reddito imponibile di tutto ciò che è stato versato al collaboratore familiare, bensì di quella sola parte corrispondente, per così dire, allo "stipendio" di un collaboratore qualsiasi.
Vi è poi la tesi invece più favorevole a Lei e comunque a chi deve percepire l'indennità di avviamento, secondo cui il rapporto di impresa familiare nulla ha a che vedere col rapporto di lavoro che ha dato luogo ad una assunzione necessaria per la produzione del reddito dell'impresa, e che perciò è ininfluente quanto versato al collaboratore familiare per la determinazione del reddito imponibile ai fini della corresponsione dell'indennità di avviamento.
Il consiglio su che fare dipende ovviamente da aspetti specifici che non conosco; in linea generale questa seconda tesi mi sembra non priva di logica mentre la prima, quella sostenuta dalla richiamata sentenza della Cassazione, costituisce comunque un limite invalicabile oltre il quale l'eventuale diversa pretesa di chi deve versare l'indennità di avviamento risulterebbe palesemente infondata.

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