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31 gennaio 2008
Richiesta

Vorrei costituire un'impresa familiare tra me (titolare) e mio marito (non farmacista). Il mio commercialista mi dice che secondo le novità del decreto Bersani è possibile costituire una società con apporto di capitali, che comporterebbe meno spese dell'impresa familiare. Cosa ne pensate voi?

Consulenza

Al di là della convenienza o meno, e fermo il presupposto che la norma sull'inserimento di soci di capitale non è ancora stata recepita nel nostro ordinamento, e comunque non se ne conoscono i termini, occorre effettuare una netta distinzione tra i due istituti proposti per sostanza e termini. Nell'impresa familiare imprenditore è solo colui al quale spetta per legge tale qualifica (il titolare di farmacia). Solo quest'ultimo sarà responsabile con il proprio patrimonio dell'adempimento delle obbligazioni assunte dall'impresa, e solo questi sarà soggetto a fallimento in caso di insolvenza. Il collaboratore non diventa quindi proprietario dell'impresa e avrà diritto solo al mantenimento, agli utili in base alla qualità e quantità del lavoro prestato e agli incrementi dell'impresa, il socio si può dire invece sia un comproprietario dell'impresa. Dal versante fiscale appare certamente più favorevole la compartecipazione societaria di capitale in quanto non soggetta a contribuzione INPS commercianti, che sino a pronunciamento contrario dell'autorità giudiziaria è invece dovuta dal collaboratore di impresa familiare non farmacista.

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