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Il trattamento fiscale quando la farmacia decresce di valore
Chiedo un parere riguardo il trattamento fiscale di una farmacia che si scambia con un'altra di valore inferiore.
A questo proposito mi è stata suggerita questa procedura:
Prima fase
1) x conferisce la propria farmacia A di valore 2.000.000 € in una società chiamata Alfa.
Il conferimento viene fatto a valore contabile di 1€, y conferisce 99€, più paga 1.000.000 € a x.
L'assetto societario della società Alfa sarà quindi: x =1%, y=99%.
2) y conferisce la propria farmacia B di valore 1.000.000 € in una società Beta.
Il conferimento viene fatto a valore contabiledi 1€. x" conferisce 99 €.
L'assetto societario di Beta sarà: y=1%, x = 99%.
Seconda fase
La società Alfa rivaluta il valore di avviamento a 2.000.000 €.
Rivalutazione: 16% (imposta sostitutiva di 2.000.000 = 320.000 €).
Ammortamento: Alfa ammortizza il valore di avviamento rivalutato in quote annuali di 222.000 € per nove anni abbattendo l'utile di detto importo.
La società Beta rivaluta il valore di avviamento a 1.000.000 €.
Rivalutazione: 16% di 1.000.000 = 160.000 €
Ammortamento: Beta ammortizza il valore di avviamento rivalutato in quote annuali di 111.000 € abbattendo l'utile di detto importo.
Terza fase
X vende la società Beta per 1.000.000 € a un terzo detto z. L'imposta dovuta è soltanto imposta piena (es. 35%) sui tre ammortamenti goduti (111.000 per 3 = 333.000).
Chiedo:
è fiscalmente corretta questa procedura?
Come si giustifica fiscalmente il pagamento di 1.000.000 € della prima fase da y a x?
Non è ben chiaro l'obiettivo del quesito in quanto alla finalità stabilita in premessa dello scambio di farmacie tra due farmacisti x e y, alla fine compare un soggetto z che esula dallo scambio di farmacie.
Restando sulla finalità originaria, la procedura è apparentemente corretta, ma, se non gestita bene, potrebbe creare un problema di incompatibilità anche solo temporanea tra la posizione di titolare della farmacia e quella di socio della società conferitaria.
L'altro aspetto non condivisibile è rappresentato dal fatto che l'ottica con cui viene suggerita l'operazione è puramente fiscale e prescinde completamente da logiche civilistiche che, invece, non possono essere disattese: il conferimento da parte del socio x di un'azienda che vale 2.000 nella società ALFA a fronte di un apporto di denaro del socio di 99 non può portare ad una partecipazione al capitale sociale ‘di convenienza' ma deve rispecchiare la proporzione del valore dei conferimenti. La proporzione desiderata, eventualmente, può essere raggiunta in un momento successivo attraverso la cessione di quote della società; ma il corrispettivo non può essere pari a 1.000 se il valore della società è pari a 2.000 per il semplice fatto che la compensazione avviene con il conferimento della farmacia B nella società BETA con quote invertite; diversamente, attraverso la permuta, si realizzerebbe un ‘salto' d'imposta fiscalmente inaccettabile in quanto la permuta è solo una diversa modalità di pagamento del corrispettivo. Pertanto entrambe le operazioni richiedono delle cessioni di quote del 99% pari ai rispettivi valori delle farmacie.
Questo condiziona anche la Terza Fase perché se x ha comprato BETA a 1.000 e rivende le sue quote (e non l'azienda) a 1.000 non paga nessuna imposta non essendoci ‘capital gain'.