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30 novembre 2008
Richiesta

Vorrei sapere se un figlio farmacista idoneo, in impresa familiare col padre titolare, può aprile e gestire una parafarmacia: in caso affermativo quale procedimento si deve seguire?

Consulenza

Il problema sottopostomi non è di poca rilevanza. A giudizio di chi scrive la risposta se un componente l'impresa familiare possa gestire una parafarmacia è da valutare sulla base di un corretto rapporto tra le due attività. Approfondisco: l'art. 230 bis c.c. disciplina il lavoro prestato dal familiare all'interno di un'impresa. Presupposto per l'applicazione della norma è dunque l'esistenza di un'impresa, nel significato tecnico di cui all'art. 2082 c.c.. Rileva pertanto qualsiasi tipo di impresa, a prescindere dalle dimensioni o dall'oggetto (agricolo, commerciale o, per chi ne ammetta l'esistenza, civile) . Qualunque tipo di lavoro può essere rilevante: intellettuale, manuale, direttivo o esecutivo. Nulla esclude - ed anzi il fenomeno è frequente - che un familiare sia preposto all'esercizio dell'impresa, per essere il titolare impossibilitato a svolgere personalmente l'attività, ovvero ad un ramo o ad una sede secondaria della stessa. Ove si accolga l'impostazione prevalente circa la titolarità individuale dell'impresa familiare, dovrebbe comunque trattarsi sempre di collaborazione all'impresa altrui e non già di cogestione. Se infatti i familiari gestiscono in comune l'impresa si sarebbe in presenza di una società (di fatto, se non formalizzata in una delle tipologie previste dall'ordinamento) e non già di un'impresa familiare. Veniamo al punto dopo la necessaria premessa: l'art. 230 bis c.c. richiede che la collaborazione del familiare sia prestata in modo continuativo. Secondo la dottrina «continuità» è sinonimo di regolarità, di costanza nel tempo e corrisponde, per i collaboratori dell'imprenditore, a quella che, per quest'ultimo, è la «professionalità». Come è noto, con tale termine ci si intende riferire alla durata e alla stabilità dell'attività esercitata; ne consegue che non può ritenersi partecipe dell'impresa familiare colui che svolge prestazioni di lavoro saltuarie o occasionali. Del pari è pacifico che la «continuità» non richieda anche necessariamente l'«esclusività» della prestazione di lavoro: in altri termini, la collaborazione del familiare ben potrebbe anche non essere full-time, svolgendo quegli anche altre attività. Si discute se quanto meno l'attività espletata nell'impresa familiare debba essere prevalente rispetto ad altre che il soggetto abbia eventualmente a svolgere. A prescindere dall'obiettiva difficoltà di individuare i parametri in base ai quali compiere questo giudizio di prevalenza (il tempo dedicato piuttosto che il reddito prodotto) la dottrina propende per risolvere il quesito in senso affermativo; ciò nel presupposto che il legislatore, avendo attribuito al familiare come primo diritto quello al mantenimento, avrebbe richiesto un impegno maggiore rispetto a quello profuso altrove. Detto ciò l'attività di collaborazione familiare deve essere prevalente rispetto a quella profusa nella parafarmacia, quindi una gestione totale della parafarmacia, tale da escludere il lavoro nell'impresa farmacia di famiglia, dovrebbe comportare uno scioglimento dell'impresa familiare medesima. Per l'apertura della parafarmacia consiglio di seguire l'iter sul sito www.parafarmacie.it essendo esso completo e molto chiaro.

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