Utifar
Familiare collabora in due imprese
è possibile lavorare in impresa familiare contemporaneamente in due farmacie di familiari?
L'art. 230 bis c.c. disciplina il lavoro prestato dal familiare all'interno di un'impresa. Presupposto per l'applicazione della norma è dunque l'esistenza di un'impresa, nel significato tecnico di cui all'art. 2082 c.c.. Rileva pertanto qualsiasi tipo di impresa, a prescindere dalle dimensioni o dall'oggetto (agricolo, commerciale o, per chi ne ammetta l'esistenza, civile) . Di fatto peraltro gran parte delle imprese familiari sono piccole imprese, come in precedenza evidenziato. Le imprese di certe dimensioni (medio-grandi in senso economico) non possono essere quindi «familiari», perché incompatibili con la struttura di impresa individuale, propria dell'impresa familiare stessa, secondo l'orientamento prevalente; si rende necessaria, per regola di mercato, la sostituzione all'imprenditore persona fisica di un soggetto collettivo (una società). Il riferimento all'impresa non intende tuttavia individuare il luogo della prestazione di lavoro, bensì l'effettivo contenuto della prestazione; la legge ha infatti inteso disciplinare ogni prestazione di fare, connessa con un'attività organizzata di produzione o scambio di beni ovvero di servizi. L'esistenza di due aziende è a giudizio di chi scrive ininfluente perchè l'attività di impresa è unica. Le prestazioni di lavoro del familiare devono corrispondere a quelle che potrebbero essere rese da un estraneo alla famiglia, sia esso lavoratore dipendente, ma anche autonomo, pure se questa seconda ipotesi è nella pratica assai rara (si pensi ad es. ad un figlio che svolge l'attività di agente per conto dell'impresa paterna). Qualunque tipo di lavoro può essere rilevante: intellettuale, manuale, direttivo o esecutivo. Nulla esclude - ed anzi il fenomeno è frequente - che un familiare sia preposto all'esercizio dell'impresa, per essere il titolare impossibilitato a svolgere personalmente l'attività, ovvero ad un ramo o ad una sede secondaria della stessa, come verosimilmente nel caso de quo. Ove si accolga l'impostazione prevalente circa la titolarità individuale dell'impresa familiare, dovrebbe comunque trattarsi sempre di collaborazione all'impresa altrui e non già di cogestione. Se infatti i familiari gestiscono in comune l'impresa si sarebbe in presenza di una società (di fatto, se non formalizzata in una delle tipologie previste dall'ordinamento) e non già di un'impresa familiare. La risposta in estrema sintesi è positiva, nulla osta a che un familiare collabori in più imprese facenti capo al medesimo familiare.