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ERRORE DI DISPENSAZIONE
Nella mia farmacia una collaboratrice di comprovata anzianità professionale ha dispensato erroneamente, tramite ricetta mutualistica, un farmaco antiparkinson a rilascio modificato anzichè lo stesso tipo di farmaco a rilascio normale e pertanto vorrei sapere su chi cadrebbe la responsabilità professionale, civile e penale. Il tutto si è risolto poiché il medico contattato ha tranquillizzato la paziente, ma vorrei sapere gli ultimi orientamenti giurisprudenziali sulle responsabilità professionali.
Riguardo al problema che Lei mi pone non esiste una produzione giurisprudenziale specificamente riferita alla farmacia perché, di solito, questo genere di questioni viene risolto tramite l'intervento delle assicurazioni. Per quanto riguarda la configurazione delle responsabilità secondo i principi giuridici applicabili al caso in esame, mi pare che la stessa descrizione del contesto nel quale il fatto è accaduto riveli la consapevolezza che può configurarsi una responsabilità penale del titolare della farmacia, in concorso con il farmacista collaboratore che abbia tenuto il comportamento illecito solo quando tale comportamento possa essere considerato come il frutto di una carenza organizzativa che l'abbia determinato. Quando tale carenza non si configuri, neppure può configurarsi la responsabilità penale del titolare di farmacia per comportamenti di collaboratori farmacisti iscritti all'Albo. Diverso discorso va fatto, invece, per quanto concerne la responsabilità civile del titolare della farmacia che temo vada inquadrata secondo il disposto dell'art. 2049 cod. civ. per il quale "i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti". La norma viene interpretata in senso estensivo così da ricomprendere ogni genere di rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, compreso quello professionalmente qualificato come il lavoro del farmacista. Inoltre la responsabilità del committente viene individuata a titolo oggettivo, cioè indipendentemente dal fatto che possa essergli effettivamente addebitato a titolo di colpa il comportamento del collaboratore che abbia cagionato il danno. Inoltre, dal momento che la norma è diretta a garantire il terzo danneggiato, risultano ininfluenti nei confronti di quest'ultimo eventuali accordi tra datore di lavoro e collaboratore relativi alla responsabilità di quest'ultimo. Tali accordi, in realtà, rilevano soltanto nei rapporti interni tra datore di lavoro e collaboratore, nel senso che il primo potrebbe poi rivalersi, sussistendone i presupposti, sul secondo per quanto versato al terzo danneggiato, che viene comunque garantito dalla responsabilità del datore di lavoro collegata alla sua posizione.