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01 maggio 2008
Richiesta

Mio padre ha ereditato da mio nonno la farmacia nel maggio del 2007, tramite donazione modale e con l'acquisizione di debiti e crediti e ha conservato il posto ad una signora che faceva le pulizie 2 giorni alla settimana senza metterla in regola perché lei non voleva. Ora ha dovuto fare a meno di lei , che però tramite un avvocato ha avanzato richiesta di un indennizzo economico minacciando di denunciare il fatto. Cosa fare?

Consulenza

Una recente sentenza (n. 8179/2001) della Corte di Cassazione Sezione Lavoro si è pronunciata su questa delicata problematica stabilendo che in caso di trasferimento d'azienda, i crediti previdenziali, non possono rientrare nella previsione dell'articolo 2112 c.c., bensì in quella generale dell'art. 2560 c.c., in quanto crediti propri dell'Istituto previdenziale e non già del lavoratore; ove detti crediti non risultino dai libri contabili obbligatori, degli stessi non dovrà rispondere solidalmente il cessionario e quindi nel caso di specie il dottore che ha ricevuto la farmacia in donazione modale.
Com'è noto l'art. 2112 c.c. stabilisce alcune garanzie per i lavoratori nel caso di trasferimento della titolarità di un'azienda, assicurando agli stessi la continuità del rapporto di lavoro in atto, con mantenimento, senza interruzione alcuna, di tutti i diritti che derivano dalla loro posizione di dipendenti, la disposizione prevede anche una responsabilità solidale fra l'alienante e l'acquirente per tutti i crediti che il lavoratore aveva al momento del trasferimento, tutelando così in modo ampio tutti i possibili diritti di natura economica del lavoratore senza eccezione alcuna.
Per contro l'art. 2560 c.c. detta invece la disciplina generale in materia di debiti relativi all'azienda ceduta; secondo la norma: l'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
Nel caso di specie vi è una pretesa di riconoscimento di contribuzioni per lavoro occulto, il debito previdenziale sorse quindi in epoca in cui l'azienda apparteneva ad altro soggetto e il dovuto non risultava dai libri contabili obbligatori.
Nel caso succitato la Suprema Corte ha rilevato invece che il credito dell'INPS è un credito proprio dell'istituto previdenziale, e non un credito del lavoratore, benchè trovi la sua origine nel rapporto di lavoro in corso, per cui, in caso di trasferimento dell'azienda, resta disciplinato dalla norma generale di cui all'art. 2560 c.c., di cui va verificata la sussistenza in concreto dei relativi presupposti di applicazione.
Per il credito previdenziale in oggetto, infatti, non può operare l'automatica esenzione di responsabilità dell'acquirente prevista dal comma 2° prima parte dell'art. 2112 c.c., sia perché la responsabilità è limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e non è estesa ai crediti di terzi, quali devono ritenersi gli enti previdenziali, sia perché il lavoratore non ha diritti di credito verso il datore di lavoro per l'omesso versamento dei contributi obbligatori in quanto estraneo al c.d. rapporto contributivo, che intercorre tra l'ente previdenziale ed il datore di lavoro.
A seguito della pronuncia della Cassazione n. 8179/2001, ritengo non possono più essere condivise nella parte in cui estendono il regime di applicazione dell'art. 2112 c.c. anche ai crediti di terzi diversi dal lavoratore, ancorchè legati nella genesi e nella causa al rapporto di lavoro, in quanto l'art. 2112 c.c. prevede la responsabilità solidale delle parti, in caso di trasferimento d'azienda, soltanto per i crediti propri del lavoratore verso il datore di lavoro cedente sorti dal contratto di lavoro in corso. Occorre quindi scindere le pretese risarcitorie che subiscono una co-responsabilità del donante e del donatario, da eventuali pretese dell'Istituto previdenziale che graverebbero sino alla data di cessione sul donante cedente. Ritengo che la pretesa economica della dipendente pur modesta possa essere, richieda da parte del farmacista una assistenza legale.

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