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28 dicembre 2021
Richiesta

Sono assunta a tempo indeterminato e vorrei rassegnare le dimissioni. Avrei bisogno di chiarire alcuni aspetti:

  • Il preavviso mi pare sia di tre mesi. Se diminuisco unilateralmente tale periodo, incorro in penali? Di quali entità?
  • Le dimissioni vanno date telematicamente. Mi hanno detto che va inserita la data di termine del contratto di lavoro. Come si fa a inserire tale data senza averla prima concordata col titolare? Inoltre, essendo in arretrato con in pagamenti dello stipendio, vorrei sapere se questo può rappresentarsi come una "giusta causa" per le dimissioni e se questo può ridurre i tempi del preavviso?
Consulenza

In un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il lavoratore può dimettersi in ogni momento senza dover indicare alcuna motivazione posta alla base del recesso. Le dimissioni del lavoratore sono, quindi, un atto libero e volontario che, tuttavia, può determinare un disagio organizzativo per il datore di lavoro. Proprio per questo, la legge prevede che il lavoratore, nell’esercizio della facoltà di recesso, debba rispettare il periodo di preavviso di dimissioni previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. La possibilità di dimettersi in tronco è possibile solo in caso di dimissioni per giusta causa.
La giusta causa è rappresentata da un gravissimo inadempimento del datore di lavoro, rispetto agli obblighi che gli derivano dalla legge, dal contratto collettivo e del contratto individuale di lavoro, che rende non più proseguibile il rapporto lavorativo per il lavoratore nemmeno per un momento. In caso di dimissioni per giusta causa, si realizza una finzione giuridica in base alla quale il lavoratore matura gli stessi diritti che avrebbe in caso di licenziamento da parte del datore di lavoro. Ne consegue che il lavoratore può dimettersi in tronco, con effetto immediato, senza dover rispettare il periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo. Inoltre, il lavoratore ha diritto al pagamento, da parte del datore di lavoro, dell’indennità sostitutiva del preavviso proprio come se fosse stato licenziato. Il lavoratore avrà, inoltre, accesso alla Naspi se ne ricorrono i presupposti previsti dalla legge. Solitamente, tuttavia, quando il lavoratore si dimette per giusta causa, il datore di lavoro contesta la presenza di una giusta causa di dimissioni e procede a trattenere dalle spettanze finali l’indennità di mancato preavviso.
A questo punto, al lavoratore non resta altro che avviare un’azione giudiziaria nei confronti del datore di lavoro presentando ricorso al giudice del lavoro per accertare la sussistenza di una giusta causa di dimissioni.
Una delle più frequenti fattispecie che determinano la decisione del lavoratore di dimettersi per giusta causa è il mancato pagamento della retribuzione mensile.
La corresponsione dello stipendio costituisce, senza dubbio, una delle principali obbligazioni del datore di lavoro. Possono esserci, per diversi motivi, dei fisiologici ritardi nel versamento dello stipendio e, alla luce dei principi di correttezza e buona fede, tali lievi inadempienze possono essere considerate accettabili. Tuttavia, in alcuni casi, il mancato pagamento dello stipendio si protrae per un lasso di tempo non più sostenibile e il lavoratore decide di dimettersi per giusta causa. La giurisprudenza costante ritiene che il mancato pagamento della retribuzione costituisca giusta causa di dimissioni. Con riferimento al numero di stipendi non pagati, la giurisprudenza parla di reiterato mancato pagamento dello stipendio. Se ne deve dunque dedurre che un ritardo lieve non può costituire giusta causa di dimissioni. Tale principio è stato espresso anche di recente dalla Cassazione secondo la quale, in caso di una breve inadempienza del datore di lavoro nel pagamento della retribuzione, il lavoratore non può invocare la giusta causa di dimissioni in quanto tale comportamento sarebbe contrario ai principi di correttezza e buona fede. Ovviamente, il consiglio è di consultare il proprio consulente del lavoro e/o un CAF per tutti gli adempimenti.

Avv. Paolo Leopardi

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