Utifar
Collaboratore e commercio on line
Recentemente su molti giornali del settore si è parlato di "farmacie on line" e vendita tramite internet di parafarmaci e cosmetici. Mi chiedevo se questo tipo di attività è possibile soltanto se si è titolari di una farmacia e/o parafarmacia, oppure se anche un collaboratore può avviare un commercio di questo tipo, aprendo una partita IVA, parallelamente e contemporaneamente alla collaborazione in qualità di dipendente di farmacia privata.
Per l'attività di vendita on line di prodotti non medicinali e non alimentari è sufficiente dotarsi di Partita Iva e di apposita licenza comunale, nonchè di Iscrizione al Registro delle Imprese in apposito albo.
Diverso problema è costituito dal fatto che tale attività viene svolta da un dipendente di farmacia, verosimilmente al di fuori dell'orario di lavoro.
Ivi si può esprime solo un giudizio, laddove l'approfondimento del caso de quo dovrebbe poi essere rimesso all'apprezzamento valutativo eventuale del giudice del lavoro.
L'articolo 2105 del codice civile, sotto la rubrica "obbligo di fedeltà", impone al prestatore di lavoro il dovere di non "trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, di non divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa o farne uso in modo da recare ad essa pregiudizio".
Trattasi di un obbligo specifico del lavoratore che gli impone l'astensione dalla trattazione di ogni atto di concorrenza che anche potenzialmente possa arrecare danno all'impresa (Cassaz. 844/1972). Difatti, secondo un orientamento consolidato della Suprema corte di cassazione, l'obbligo di fedeltà, la cui violazione può rilevare come giusta causa di licenziamento, va collegato ai principi generali di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c. e comporta quindi che il lavoratore debba astenersi non solo dai comportamenti espressamente vietati dall'articolo 2105 c.c., ma anche da qualsiasi altra condotta che, per la natura e per le sue possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi all'inserimento del lavoratore nella struttura e nella organizzazione della impresa del datore di lavoro o crei situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto di lavoro. Il dovere di fedeltà, dunque, del lavoratore subordinato si sostanzia nell'obbligo di tenere un comportamento leale verso il datore di lavoro e di astenersi da ogni atto che possa nuocergli, anche solo potenzialmente.
Si badi bene che la violazione dell'obbligo di fedeltà, sancito dall'articolo 2105 c.c., è fonte non soltanto di responsabilità disciplinare, che espone il lavoratore inadempiente alla sanzione del licenziamento per giusta causa, ma, ove abbia cagionato un danno all'imprenditore, anche del correlativo obbligo risarcitorio.