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UNA LUCE PER LA PELLE


Negli ultimi anni, numerosi studi hanno approfondito gli effetti fisiologici della luce visibile rossa e delle radiazioni nel campo dell’infrarosse, svelando il loro straordinario potenziale nel migliorare diversi processi biologici. Queste specifiche lunghezze d’onda sono in grado di penetrare nei tessuti, influenzando il metabolismo cellulare, la comunicazione tra le cellule, i processi infiammatori e la produzione di fattori di crescita. Tutto questo avviene grazie a una sorgente di luce atermica, che non genera calore e quindi non provoca danni termici ai tessuti trattati.
Le origini dell’utilizzo della fotobiomodulazione in dermatologia risalgono a diversi decenni fa, sebbene una pietra miliare sia stata raggiunta nel 2003, quando la FDA ha approvato l’impiego di questa tecnica per il trattamento dell’acne. Già negli anni ’90, si era osservato come l’esposizione della pelle a specifiche lunghezze d’onda emesse dai LED, in particolare il rosso e il vicino infrarosso, potesse stimolare la guarigione delle ferite, favorire la proliferazione cellulare e ridurre i processi infiammatori.
Un ruolo cruciale in queste scoperte è stato svolto, come spesso era già accaduto, dalla NASA, che ha studiato l’utilizzo della luce LED per accelerare la guarigione delle ferite negli astronauti.
Questi studi hanno evidenziato come la luce a bassa intensità possa attivare processi biologici in grado di promuovere la rigenerazione dei tessuti e ridurre il dolore, con applicazioni particolarmente utili in ambienti estremi come lo spazio.
Da allora, l’uso dei LED per la fotobiomodulazione si è notevolmente ampliato in ambito dermatologico, dimostrando efficacia non solo nel trattamento dell’acne, ma anche di altre condizioni cutanee come la rosacea, la psoriasi e persino nel miglioramento generale della qualità e dell’aspetto della pelle.
Questa evoluzione ha reso la fotobiomodulazione una tecnica sempre più diffusa e apprezzata, sia in ambito clinico che estetico.
Un confronto con il laser
Questa innovativa metodologia, oggi nota come terapia di fotobiomodulazione (PBM), rappresenta un’evoluzione rispetto alla precedente terapia laser a basso livello (Low Level Laser Therapy, LLLT), di cui ha ampliato e perfezionato le applicazioni.
Pur condividendo alcune caratteristiche, come l’utilizzo di specifiche lunghezze d’onda della luce, il laser e la fotobiomodulazione si differenziano per modalità di azione ed effetti sui tessuti. Il laser emette una luce coerente, monocromatica e collimata, che consente di trattare con precisione aree circoscritte e, in base all’intensità, può avere sia effetti stimolativi sia ablativi, generando talvolta calore nei tessuti. Tuttavia, il laser ha un limite: l’energia è concentrata su aree molto ristrette, riducendo la capacità di trattare superfici più ampie in modo uniforme.
Al contrario, la fotobiomodulazione utilizza sorgenti di luce non coerente, come i LED (Light Emitting Diodes), che diffondono l’energia in modo uniforme su superfici più ampie ed emettono una luce diffusa e non collimata, anche se con lunghezze d’onda simili a quelle del laser (nel rosso e vicino infrarosso). La PBM opera con intensità molto basse e non genera calore.
Questo tipo di luce atermica penetra nei tessuti senza causarne alcun danno e stimola il metabolismo cellulare, favorendo la rigenerazione, riducendo l’infiammazione e migliorando la comunicazione cellulare. La fotobiomodulazione, dunque, rappresenta un approccio più sicuro e versatile, adatto a trattamenti estesi e focalizzati sulla modulazione biologica, piuttosto che su interventi di precisione come quelli tipicamente eseguiti con il laser. Per concludere il confronto tra leser e Led, vale la pena notare che questi ultimi rappresentano un’opzione decisamente più economica rispetto ai laser, con un costo per mW che risulta generalmente cento volte inferiore. Se ancora oggi i dispositivi laser sono destinati quasi esclusivamente ai professionisti sanitari, oggi i dispositivi a LED, grazie alla loro maggiore accessibilità economica e all’impiego facile e sicuro delle lampade, sono disponibili anche per un utilizzo domestico, rendendoli alla portata sia di pazienti che di persone sane interessate a benefici estetici o terapeutici.
I meccanismi di azione a livello cellulare
Ma come agisce la fotobiomodulazione, e da cosa dipendono i benefici che si sono notati a livello dermatologico?
Per comprendere questi aspetti, dobbiamo partire alla funzione dei mitocondri, gli organelli intracellulari deputati alla generazione dell’energia. Come ben sappiamo, i mitocondri, infatti spesso definiti le “centrali energetiche” della cellula, svolgono un ruolo cruciale nella produzione di energia sotto forma di ATP (adenosina trifosfato), la principale fonte di energia utilizzata per sostenere le funzioni cellulari. Quando i mitocondri sono sottoposti a stress o disfunzioni, come accade in molte condizioni infiammatorie e croniche, la produzione di ATP si riduce, compromettendo la capacità della cellula di ripararsi, comunicare e rispondere agli stimoli.
La fotobiomodulazione interviene proprio su questo meccanismo, utilizzando specifiche lunghezze d’onda della luce rossa visibile e del vicino infrarosso per stimolare i mitocondri e ottimizzare la loro funzione.
In particolare, la luce interagisce con i “centri di rame del citocromo c ossidasi (CCO)”, una proteina cruciale della catena di trasporto degli elettroni. Questa interazione favorisce il movimento degli elettroni lungo la catena, migliorando il potenziale di membrana mitocondriale e incrementando la sintesi di ATP. Inoltre, l’attivazione del CCO da parte della luce aumenta il consumo di ossigeno e stimola la produzione controllata di specie reattive dell’ossigeno (ROS).
Questi ROS non solo fungono da segnali biologici importanti per regolare molteplici processi cellulari, ma contribuiscono anche a migliorare la capacità della cellula di rispondere a stress o danni.
Dopo questa fase iniziale, definita “meccanismo fotorecettore primario”, la cascata biologica prosegue con l’attivazione di mediatori secondari, che amplificano gli effetti della fotobiomodulazione.
Questi mediatori inducono modificazioni nell’espressione genica, nella segnalazione cellulare e nel metabolismo, migliorando la sintesi di proteine e la secrezione di citochine, elementi fondamentali per la riparazione e il mantenimento della salute dei tessuti.
Ciò che distingue la fotobiomodulazione è la sua capacità di agire su un livello sistemico, proprio grazie al miglioramento della funzione mitocondriale.
Questo è particolarmente rilevante poiché molte malattie croniche legate all’invecchiamento, così come condizioni infiammatorie persistenti, sono correlate a disfunzioni mitocondriali.
Ripristinare la piena efficienza dei mitocondri significa migliorare la salute cellulare complessiva, potenziando i naturali meccanismi di rigenerazione e di difesa.
Grazie a questi effetti, la fotobiomodulazione si è affermata come una tecnologia versatile e innovativa, capace di accelerare la guarigione, ridurre il dolore e l’infiammazione, e migliorare la qualità della pelle. Il suo impatto può essere paragonato a quello di un “integratore cellulare”, che non solo favorisce il benessere cellulare, ma supporta anche un’ampia gamma di terapie e condizioni mediche.
Un potenziale servizio innovativo
Visti i suoi ambiti i suoi ambiti i utilizzo, la fotobiomodulazione potrebbe forse essere considerata come un innovativo servizio da proporre in farmacia, grazie alla possibilità di offrire un trattamento non invasivo, sicuro e privo di effetti collaterali significativi.
Con costi che sono ormai accessibili per l’acquisto di lampade LED di qualità, specifiche per la fotobiomodulazione, il trattamento potrebbe potenzialmente essere offerto in modo flessibile, rispondendo così a esigenze differenti e offrendo un approccio complementare alle tradizionali terapie dermatologiche.
Il tutto, nell’ottica di rispondere in maniera professionale ed efficace alle richieste di una clientela sempre più attenta e consapevole.
I benefici cutanei della fotobiomodulazione con LED
La fotobiomodulazione con LED utilizza lunghezze d’onda della luce comprese tra 400 e 1200 nm, che penetrano nei tessuti a profondità variabili in base alla loro lunghezza d’onda. Le diverse lunghezze d’onda offrono benefici specifici, adattandosi alle necessità terapeutiche di vari strati cutanei:
• Luce rossa (630-700 nm): Penetra nel derma, stimolando i fibroblasti e aumentando la produzione di collagene, fattori di crescita e metalloproteinasi della matrice (MMP-9). È ideale per trattamenti anti-età e per migliorare la texture della pelle.
• Luce blu (400-470 nm): Con una penetrazione limitata all’epidermide, è particolarmente efficace per trattare condizioni superficiali come l’acne, grazie alla sua capacità di combattere i batteri e ridurre l’infiammazione.
• Luce gialla (circa 540 nm): Ottima per ridurre il rossore, il gonfiore e le alterazioni pigmentarie. È spesso utilizzata per lenire la pelle sensibile o trattare la couperose.
• Luce quasi-infrarossa (700-1200 nm): Con la massima penetrazione nei tessuti, promuove la guarigione delle ferite stimolando l’angiogenesi. È particolarmente indicata per la rigenerazione profonda e il miglioramento della circolazione cutanea.
Meccanismi di azione della PBM
1. Effetti diffusi:
La luce non coerente della PBM si distribuisce uniformemente su aree più ampie, stimolando il metabolismo cellulare in modo omogeneo.
2. Modulazione biologica:
La PBM promuove l’attivazione di mitocondri e il rilascio di ATP, migliorando la comunicazione cellulare, riducendo l’infiammazione e stimolando i processi rigenerativi.
3. Assenza di effetti termici:
La luce atermica garantisce un trattamento sicuro, ideale per applicazioni estetiche e terapeutiche senza il rischio di danni ai tessuti.