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RINITE ALLERGICA UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA
La ricerca, dopo avere identificato 300 articoli pubblicati fino a giugno 2023, ne ha inclusi nello studio 50. Tra questi, 3 linee guida di pratica clinica, 1 rapporto di consenso di esperti e 23 articoli di revisione.
Il primo dato che emerge dalla ricerca è la diffusione del disturbo che interessa circa il 15% della popolazione statunitense. Uno studio internazionale ha rilevato che i sintomi più comuni sono la rinorrea, presente nel 90,38% dei casi e la congestione nasale che interessa il 94% degli “allergici”. Accanto a questi sintomi tipici si manifestano spesso lo scolo retronasale, gli starnuti e il tipico prurito a occhi, naso e gola. Si tratta di sintomi facilmente riconoscibili, fastidiosi ma non certo gravi, rispetto ai quali la terapia sintomatica è ben conosciuta. Tuttavia, sarebbe sbagliato considerare la rinite allergica come una condizione banale e statica nel corso degli anni. Molto spesso, infatti, essa può evolvere in qualcosa di più serio ed essere associata ad altre condizioni tra le quali asma, eczema, sinusite cronica o ricorrente, tosse, cefalea tensiva ed emicrania.
Le condizioni associate
Lo sviluppo di alcune tra le affezioni che coinvolgono le alte vie respiratorie è dovuto ad uno stato di infiammazione persistente e all’aumentata produzione di muco. L’infiammazione può provocare, tra l’altro, il blocco del dotto lacrimale, della tuba di Eustachio e del complesso osteomandibolare, poiché tutte queste strutture convergono nella cavità nasale e rinofaringea.
Anche il legame tra rinite allergica e asma potrebbe essere dovuto alla cronicizzazione di infiammazioni determinate da processi allergici locali che dal naso si estendono ai polmoni. Potrebbero inoltre essere coinvolti meccanismi riflessi neurologici, ovvero risposte a stimoli esterni che attivano percorsi neurali nel sistema nervoso centrale. Questi meccanismi formerebbero connessioni con i neuroni motori responsabili dell’attivazione dei muscoli o delle ghiandole che secernono muco.
Circa il 30% dei pazienti con rinite allergica può inoltre manifestare rinosinusite cronica con o senza poliposi nasale, circa il 13,5% può soffrire di emicrania o cefalea tensiva e circa il 25% può presentare disturbi del sonno come l’apnea ostruttiva del sonno.
Questi dati ci dimostrano l’importanza di riconoscere e controllare la rinite allergica non solo per garantire una migliore qualità della vita al paziente durante i periodi “caldi” delle differenti pollinosi, ma anche per evitare l’instaurarsi di condizioni più serie nel lungo periodo.
Il riconoscimento del disturbo
Come primo passo per intraprendere la terapia migliore, è importante distinguere tra 3 differenti forme di rinite che possono interessare i clienti che, al banco, ci riferiscono sintomi spesso sovrapponibili tra loro: la rinite allergica stagionale; la rinite allergica perenne; altre forme di rinite cronica di origine non allergica.
Sebbene, come vedremo, alcuni indicatori possano farci propendere nella direzione corretta, per una differenziazione precisa è opportuno rivolgersi al medico ed effettuare gli opportuni test di laboratorio. All’esame obiettivo, i medici possono osservare delle differenze tra i due tipi di rinite allergica. Nei pazienti con rinite stagionale, i turbinati (le strutture ossee rivestite da mucosa all’interno del naso) appaiono tipicamente edematosi e pallidi. Al contrario, nella rinite allergica perenne i turbinati risultano arrossati e infiammati, con secrezioni sierose. Come detto, entrambe possono comunque essere confuse con altre forme di rinite cronica di origine non allergica. Quest’ultima si presenta principalmente con congestione nasale e scolo retronasale, spesso associati a pressione sinusale, sensazione di orecchio tappato, suoni ovattati e dolore, e disfunzione della tuba di Eustachio.
Oltre all’esame obiettivo del medico, un elemento chiave per la diagnosi delle forme allergiche è il test per la ricerca di specifici IgE sierici diretti contro allergeni, che risulta negativo nella rinite non allergica. Infatti, come sappiamo, la rinite allergica si verifica quando una alterazione della barriera epiteliale nasale permette agli allergeni di penetrare la mucosa delle vie nasali. Questo innesca una risposta infiammatoria di tipo 2 mediata dai linfociti T helper, con conseguente produzione di anticorpi specifici per l’allergene.
Rimanendo alla distinzione tra le due forme allergiche di rinite, le prime indicazioni che possiamo raccogliere al banco riguardano la frequenza della sintomatologia.
Da questo punto di vista, la classificazione ufficiale ci dice che la rinite allergica è di tipo intermittente quando i sintomi sono presenti per meno di 4 giorni consecutivi a settimana o meno di 4 settimane consecutive all’anno; mentre di definisce persistente nel caso in cui i sintomi superino questi parametri. Chiaramente, nella forma stagionale i sintomi compaiono approssimativamente nello stesso periodo ogni anno, spesso determinati da allergeni come i pollini quando questi sono più presenti nell’ambiente. Nel caso della rinite allergica perenne, i sintomi sono invece presenti tutto l’anno e sono scatenati da allergeni come acari della polvere, muffe, escrementi di scarafaggi e peli di animali domestici. La tipologia dei sintomi tra queste due forme di “allergia” varia a seconda dell’individuo. Tuttavia, in genere, i pazienti con rinite allergica stagionale riportano maggiormente starnuti, rinorrea e prurito, che peggiorano in primavera (51,92%), seguita da autunno (28,85%), estate (15,38%) e inverno (13,46%). Al contrario, i pazienti con rinite perenne lamentano più frequentemente congestione nasale e scolo retronasale persistenti durante tutto l’anno (26,92%).
La qualità della vita
Distinguere e rassicurare i clienti rispetto alla tipologia di rinite allergica della quale soffrono è importante non solo ai fini di individuare le opzioni terapeutiche più adeguate, ma anche per instaurare un dialogo al banco che faciliti quelle condizioni di empatia e di fiducia con il farmacista che permettono al cliente di raccontare anche una serie di problematiche che accompagnano la rinite allergica, troppo spesso sottovalutate o trascurate. I risultati di questa ricerca evidenziano in quale misura la rinite allergica è associata ad una qualità di vita inferiore in chi ne soffre. Studi condotti tramite questionari telefonici e online su adulti e bambini con rinite allergica hanno evidenziato come la rinite allergica possa portare a:
• stanchezza dovuta a scarso sonno (40%);
• problemi cognitivi e di memoria (circa il 30%);
• ansia e depressione (circa il 30%);
• compromissione della qualità del lavoro (circa l’82% degli adulti);
• rendimento scolastico ridotto (circa il 92% dei bambini).
Alcune tra queste condizioni sono spesso associate ad un insufficiente controllo dei sintomi, ma anche ad effetti collaterali legati ai farmaci. La qualità della vita del soggetto allergico è dunque un elemento centrale e la terapia, sebbene molto spesso sintomatica, non deve soffermarsi solo sul controllo dei sintomi nel momento in cui questi si scatenano, ma perseguire l’obiettivo più ampio di migliorare la qualità della vita del soggetto nell’arco di tutta la giornata e per tutto il periodo interessato dal disturbo.
La terapia
La rinite allergica intermittente viene trattata in prima linea con antistaminici orali di seconda generazione, come fexofenadina, cetirizina, levocetirizina e desloratadina.
è utile ricordare che non ci sono confronti diretti definitivi tra i questo farmaci. Gli antistaminici di seconda generazione sono generalmente ben tollerati perché agiscono in modo selettivo sui recettori H1, senza attraversare la barriera emato-encefalica e legarsi ai recettori colinergici. Questo li rende meno sedativi rispetto agli antistaminici di prima generazione. Le linee guida attuali sulla rinite allergica raccomandano l’uso di antistaminici di seconda generazione prima di ricorrere ai modificatori del leucotriene, come il montelukast, che presentano un maggiore rischio di ansia, depressione e incubi in alcuni pazienti.
Ulteriori opzioni terapeutiche di primo livello includono antistaminici intranasali (azelastina o olopatadina) e corticosteroidi intranasali (fluticasone, triamcinolone, budesonide o mometasone).
Anche gli antistaminici intranasali sono ben tollerati, ma possono causare eccessiva secchezza della mucosa nasale con sanguinamento e, in alcuni casi, cefalea.
Se i pazienti non rispondono a questi farmaci, è possibile che li stiano usando in modo scorretto, che non abbiano realmente la rinite allergica oppure che presentino anomalie anatomiche strutturali come un setto nasale deviato o un’ipertrofia dei turbinati nasali (aumento eccessivo di volume).
La rinite allergica persistente può richiedere una terapia combinata con antistaminici e corticosteroidi intranasali, con o senza un antistaminico orale di seconda generazione. I corticosteroidi intranasali riducono l’infiammazione nasale e sono considerati dalla maggior parte delle linee guida come trattamento topico monoterapia di prima linea per la rinite allergica moderata o grave. L’effetto collaterale più comune dei corticosteroidi intranasali è il sanguinamento nasale (epistassi); meno frequentemente causano erosioni e ulcerazioni del setto nasale.
L’incidenza di sanguinamento nasale con corticosteroidi intranasali varia tra il 4% e l’8% con uso a breve termine (2-12 settimane), mentre sale al 20-28% con l’uso prolungato durante tutto l’anno.
È stato dimostrato che alcuni corticosteroidi intranasali possono anche controllare i sintomi oculari nei pazienti con rinite allergica. Sebbene possano aumentare leggermente la pressione intraoculare in alcuni pazienti a rischio di glaucoma, i corticosteroidi intranasali non sono controindicati in questi soggetti.
La review ricorda come i corticosteroidi per via intramuscolare non siano raccomandati per la rinite allergica stagionale o perenne a causa dei noti effetti collaterali indesiderati che si accumulano nel tempo con l’utilizzo di corticosteroidi sistemici.
Tuttavia, sottolinea la ricerca, per le crisi acute e severe di rinite allergica stagionale che si manifestano con starnuti persistenti, rinorrea (naso che cola) e prurito, con o senza congestione nasale, pressione e dolore ai seni paranasali, può essere appropriato un breve ciclo di corticosteroidi orali ad alto dosaggio (35-40 mg per 5-7 giorni).
È importante sottolineare che in seguito a questo trattamento iniziale, per prevenire ulteriori crisi severe e la necessità di ricorrere nuovamente ai corticosteroidi sistemici, è consigliabile un trattamento continuativo con corticosteroidi intranasali da soli o in combinazione con antistaminici intranasali, iniziato prima dell’inizio della stagione allergica.
Le irrigazioni nasali con soluzioni saline isotoniche o ipertoniche, a basso o alto volume, effettuate con dispositivi disponibili in commercio e senza ricetta, possono contribuire a ridurre la gravità dei sintomi della rinite allergica e sono relativamente economiche.
Una meta-analisi che ha raccolto dati da 7 studi (inclusi dati di 112 adulti e 332 bambini) ha riportato che le irrigazioni nasali saline, rispetto alla non effettuazione di alcun lavaggio nasale, sono state associate a un miglioramento della gravità della malattia.
Bibliografia:
Allergic Rhinitis - A review
Jonathan A. Bernstein, MD1; Joshua S. Bernstein, MD1; Richika Makol, MD2; et al . Jama, 2024;331(10):866-877