Utifar
L'ALLATTAMENTO CHE CONTA
Le difficoltà nella produzione di latte materno possono essere influenzate da molteplici fattori che coinvolgono sia la salute della madre sia le caratteristiche del bambino.
Per quanto riguarda le situazioni riferite allo stato di salute della mamma, le più comuni sono rappresentate da disfunzioni ormonali (ad esempio ipotiroidismo o ipertiroidismo), diabete, o condizioni che influiscono direttamente sullo sviluppo delle ghiandole mammarie, come l’ipoplasia. Anche lo stesso decorso del parto può, talvolta, giocare un ruolo rilevante: un parto complicato o effettuato con taglio cesareo possono ritardare l’avvio della produzione lattea a causa della riduzione del rilascio di ossitocina. Tuttavia, anche un parto pretermine potrebbe influenzare negativamente l’efficacia dell’allattamento.
Ma la salute della mamma e l’andamento del parto non sono le uniche variabili da prendere in considerazione. Anche il neonato gioca la sua parte, influenzando, attraverso la suzione, la produzione ormonale materna che sta alla base della montata lattea.
Come ben sappiamo, la lattazione è un processo molto complesso, che dipende non solo dagli ormoni riproduttivi e metabolici, ma è autoregolato attraverso il meccanismo autocrino-paracrino. Il calo del progesterone dopo il parto, seguito dall’aumento dei livelli di prolattina, determina l’inizio della lattogenesi. Questi meccanismi di regolazione ormonale sono forse troppo complicati per essere spiegati per intero alle clienti interessate. Semplificando al massimo, possiamo invece ricordare come la lattazione sia regolata da due ormoni principali: la prolattina, responsabile della produzione di latte; e l’ossitocina, ormone che favorisce la fuoriuscita del latte dai dotti del seno. Il punto focale della questione, che deve essere ben compreso dalle mamme, è il seguente: ai fini di una corretta produzione di questi due ormoni, risulta essenziale l’azione meccanica della suzione esercitata dal neonato. Questo vale in particolare per la prolattina, la cui produzione, in caso di poppate brevi o poco frequenti, può essere compromessa.
Invero, l’allattamento al seno non è essenziale solo per favorire la produzione di prolattina: la suzione è una pratica che offre altri innumerevoli vantaggi, sia per la madre che per il neonato, e merita di essere incoraggiata e sostenuta. Per la mamma, l’allattamento favorisce un recupero più rapido dopo il parto: stimola la contrazione dell’utero, riducendo il rischio di emorragie post-partum e accelerando il ritorno alla sua dimensione originale. Nel lungo termine, l’allattamento riduce anche il rischio di sviluppare tumori al seno e all’ovaio e potrebbe avere un effetto protettivo contro l’osteoporosi e le fratture dell’anca in menopausa.
Per il neonato, il latte materno è un alimento unico e insostituibile, tanto che è stato definito dall’American Academy of Pediatrics come un “liquido vivo”, essendo ricco di globuli bianchi, anticorpi e altre sostanze bioattive che rafforzano il sistema immunitario. Inoltre, l’allattamento prolungato, soprattutto oltre i quattro mesi, è associato a un minor rischio di sviluppare asma e altre malattie allergiche nei primi anni di vita. Accanto a questi benefici, che riguardano la salute del bambino, l’allattamento al seno accompagna in maniera fondamentale lo sviluppo alcuni aspetti essenziali in ambito cognitivo ed emotivo, favorendo un legame speciale tra madre e figlio che va oltre il semplice nutrimento.
IL RUOLO DEL FARMACISTA:
CONSIGLI E SOLUZIONI PRATICHE
L’allattamento è un percorso naturale, ma non sempre privo di ostacoli: ogni donna può vivere esperienze diverse, e molte necessitano di un supporto personalizzato per proseguire serenamente. Ecco perché diventa fondamentale il ruolo del farmacista nel fornire consigli pratici e basati sull’evidenza scientifica, nonché nel guidare le mamme verso le soluzioni più efficaci.
Di certo, può tornare utile informare le future mamme sull’importanza dell’allattamento al seno e sulle pratiche possono essere seguite per favorirlo. In seconda istanza, possiamo consigliare l’utilizzo di prodotti galattagoghi a base di erbe che potrebbero rappresentare un aiuto efficace, anche se non sono molti gli studi clinici che ne confermino l’efficacia e la sicurezza.
RICERCA SCIENTIFICA
Tra le ricerche più recenti in questo ambito, possiamo citare uno studio condotto dal Laboratory of Human Milk and Lactation Research presso la Medical University di Varsavia.
La ricerca clinica, condotta in doppio cieco su 117 madri che hanno partorito prematuramente, suggerisce che il galattagogo utilizzato nello studio, composto da malto d’orzo, β-glucano e melissa, può servire nelle madri di neonati pretermine. Rispetto al gruppo placebo, le madri che hanno ricevuto la composizione galattogoga hanno, per esempio, prodotto il 34% di latte in più durante la seduta monitorata nel 14° giorno di lattazione. Inoltre, il “gruppo galattagogo” ha prodotto il 30% di latte in più durante l’intero periodo di studio preso in considerazione.
Oltre a dimostrare che la composizione galattagoga a base di malto d’orzo, è sicura e aumenta la produzione di latte nelle madri di neonati pretermine, la ricerca ha confermato alcune evidenze importanti.
Tra queste, il fatto che il volume di latte prodotto nelle prime fasi dell’allattamento rappresenta un indicatore chiave del successo della produzione lattea, specialmente nei casi di nascita pretermine. I dati evidenziano come i primi 14 giorni siano cruciali per un adeguato incremento del volume di latte: una produzione superiore a 500 ml al giorno durante questo periodo è associata a una maggiore probabilità che il neonato continui a ricevere latte materno anche al momento della dimissione dall’ospedale. Del resto, studi precedenti avevano già dimostrato che il volume giornaliero di latte tra il settimo e l’undicesimo giorno di vita è influenzato dal numero di sessioni di allattamento. Inoltre, lo studio raccomanda una frequenza di allattamento del latte di 8-12 volte al giorno, compresa almeno una sessione notturna.
Tra i galattogoghi, il malto d’orzo è quindi stato indicato come un possibile stimolante della lattazione e può essere efficacemente consigliato come parte delle strategie di supporto per le donne che manifestano una produzione di latte insufficiente.
Questa evidenza, per molti versi, non ci deve sorprendere. Del resto, il malto d’orzo è uno dei componenti principali della birra e sappiamo bene come la tradizione popolare abbia a lungo considerato questa bevanda alcolica come un alimento in grado di favorire la lattazione, attribuendole proprietà benefiche per la produzione di latte materno. Il malto d’orzo è un cereale che, durante il processo di maltazione, subisce una trasformazione che libera zuccheri complessi, tra cui i polisaccaridi. Sono proprio questi composti che sembrano avere un ruolo nel favorire la secrezione di prolattina, l’ormone responsabile dell’avvio e del mantenimento della produzione lattea.
Sebbene la scienza non abbia mai fornito prove definitive sull’efficacia della birra nella promozione della lattazione, l’uso del malto d’orzo rimane una pratica radicata nella cultura e nelle tradizioni popolari per il sostegno dell’allattamento. Meglio allora consigliare un integratore e, se proprio proprio la cliente insiste nella convinzione che una birra favorisca la lattazione, sarebbe il caso di indirizzarla su quella analcolica.