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LA RICCHEZZA DELLE ACQUE TERMALI E L’ETNOBOTANICA PER UN BENESSERE A 360 GRADI

LA RICCHEZZA DELLE ACQUE TERMALI E L’ETNOBOTANICA PER UN BENESSERE  A 360 GRADI

L’Italia è ricca di stazioni termali, frutto di un variegato assetto idrogeologico e di una lunga tradizione storica che risale agli antichi Romani. 
Secondo l’OMS, la medicina termale è una delle più antiche terapie occidentali e viene considerata una medicina tradizionale. 
Approfondiamo l’argomento con il dottor Francesco Di Ludovico.

Dottor Di Ludovico, Lei è un medico: qual è il suo percorso formativo e professionale? 
Prima degli studi universitari, ho frequentato con profitto il liceo classico: una scuola che, opportunamente affrontata, mi ha formato solide basi per un pensiero critico. Durante il termine del corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, ho avvertito la necessità di ampliare le conoscenze mediche che comportassero una visione maggiormente olistica della malattia e del paziente. Pertanto, dopo il conseguimento del titolo e l’idoneità a due dottorati, ho voluto frequentare due master in Fitoterapia clinica e un corso pluriennale in Omeopatia e discipline integrate. Prima di quest’ultimo corso, la cui personale tesi d’esame è stata inerente alla valenza fisiologica del cibo nella  psiconeuroendocrinoimmunologia, ho potuto approfondire la tematica antropologica (orientata all’etnofarmacologia); l’ho fatto recandomi in Messico, un Paese che aveva da sempre attratto la mia attenzione per via della sua ampia e variegata cultura. Da questa particolare occasione di studio, che ha visto sovrapporsi l’aspetto sociale a quello botanico, ho tratto la redazione di alcuni testi che pongono a confronto l’esperienza curativa tramite i vegetali nel nostro Paese e in quello mesoamericano. 

In passato ho lavorato in una farmacia  vicina alle Terme di Caronte, e le cure termali mi hanno sempre incuriosito. 
Vista la sua esperienza lavorativa in una stazione termale, quando sono indicati i trattamenti termali e quali benefici possono apportare? 
Il nostro Paese possiede moltissime stazioni termali, sia per il suo ricco e variegato assetto idrogeologico, sia per ragioni storiche che rimontano ai tempi degli antichi Romani almeno. La cultura medica greco–romana ha conferito, infatti, somma importanza all’aspetto balneare e idroterapico: abluzioni in acque di vario tipo e a vari scopi, talassoterapia anche in ambiente lacustre e fluviale, termalismo naturale e artificiale (pensiamo ai bagni in calidarium e frigidarium), idropinoterapia, stazioni sulfuree. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “La medicina termale è una delle più antiche forme di terapia dell’Occidente e in tal senso è da considerarsi una medicina tradizionale”.  
La sorgente termale è, per definizione, l’affioramento di acque sotterranee (stipate in falde) cui si sono legate le sostanze minerali presenti nel suolo e nella roccia incontrati durante il percorso. 
Queste acque si differenziano da quelle dolci sia per la temperatura, superiore ai 20°C, sia per la presenza di sali minerali specifici. 
Scientificamente, si è constatato che le acque termali in genere (ne esistono vari tipi, a seconda dei minerali maggiormente presenti in esse) posseggono proprietà antiflogistiche, contrastando malattie artroreumatiche e alcune affezioni dermatologiche, abbassano la soglia del dolore in condizioni algiche croniche e/o disfunzionali; alcune di esse possono essere assunte internamente o inalate; altre ancora vantano proprietà immunomodulanti incrementando la produzione delle immunoglobuline secretorie e circolanti; si osserva inoltre nei pazienti sottoposti a cure terminali, un aumento della capacità difensiva dei fagociti. Ad esempio, le acque solfate e solfuree: le prime sono indicate in particolar modo per trattare i disturbi del fegato e del tratto gastrointestinale; le seconde vengono usate soprattutto in caso di problemi respiratori e dermatologici. Entrambe hanno un’azione benefica su cute ed annessi cutanei e possono essere assunte anche come bevanda oppure inalate; agiscono principalmente sulle bronchiti croniche e asmatiche, sinusiti, riniti, acne e orticaria, distinguendosi per l’efficace azione antiallergica e disintossicante; inoltre stimolano la diuresi, hanno azione sedativa e stimolante sulle ghiandole esocrine, stimolano il microcircolo, combattono reumatismi e nevralgie. Ci sono, poi, le acque bicarbonate, quelle salso–bromo–iodiche; e altre ancora. Acque termali indicate per il trattamento di stati patologici sono quelle qualificate come salse, classificate a loro volta in acque clorurosodiche (possiedono cloruro di sodio e sono indicate per obesità, diabete e malattie intestinali), acque salsobromoiodiche e acque salsoiodiche, ricche in iodio, litio, acido borico, stronzio e calcio, e indicate per la cura degli stati infiammatori.
Anche per le patologie dell’orecchio si consigliano i bagni termali, per risolvere o attenuare condizioni nosologiche quali l’otite cronica catarrale, l’otite cronica purulenta cronica e la stenosi tubarica, con o senza adenoidismo. Per questi disturbi trovano applicazione trattamenti quali docce nasali micronizzate, inalazione di vapore, irrigazioni nasali, aerosol sonico.
Per accedere ai trattamenti termali a carico del SSN, è necessaria la prescrizione del proprio medico di famiglia o di uno specialista, con l’indicazione della patologia e del ciclo di cura da erogare. 

Lei è autore di ricerche e libri in ambito fitoterapico e antropologico: che importanza può avere la comparazione dell’uso delle erbe in culture diverse per la moderna fitoterapia? 
Veniamo alle definizioni. 
La cosiddetta “etnobotanica” è l’utilizzo tradizionale, da parte dell’uomo, dei vegetali a vari scopi; una sua branca specifica è la etnofarmacologia, ossia quando tale uso delle piante è finalizzato alla cura o al mantenimento del benessere. Parallelamente, la fitoterapia è l’utilizzo terapeutico delle piante scientificamente validato, cioè le cui indicazioni cliniche emergono dalle evidenze scientifiche. 
Mettere a confronto l’esperienza etnofarmacologica, quindi di tipo tradizionale, con i risultati degli studi che ne comprovino le eventuali indicazioni serve a confermare quanto di saggio apporta la voce ancestrale di tanti popoli in merito alla cura. 
E serve anche a puntare l’attenzione su indicazioni cliniche che da questa voce vengono suggerite e che ancora, spesso, non ha trovato quelle evidenze che ne attestino la validità.

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