Logo di Utifar
22 novembre 2024
di Alessandro Fornaro
Rif. rivista N. 7 | Nuovo Collegamento 2024
LA NUTRIZIONE PERSONALIZZATA
Negli ultimi anni, l’approccio delle persone all’alimentazione ha subito un’evoluzione significativa, con una crescente attenzione verso la scelta di specifici alimenti e l’adozione di diete personalizzate. Questa diversificazione delle abitudini alimentari riflette anche un cambiamento nel campo della ricerca scientifica, che si concentra sempre più sulla correlazione tra alimenti singoli, salute generale e rafforzamento del sistema immunitario. Un vero e proprio cambio di paradigma che evidenzia come la dieta possa influire in modo profondo sul benessere individuale e sulla prevenzione delle malattie.

Nel nostro vissuto quotidiano in farmacia, ci rapportiamo sempre più di frequente con clienti che raccontano di come le scelte alimentari da loro intraprese abbiano portato benefici alla propria salute. Da chi ha eliminato o ridotto l’assunzione di alimenti ricchi di glutine pur non essendo celiaco; a chi decanta i benefici di una cosiddetta dieta chetonica, magari tratta da qualche libro di ultima pubblicazione; a chi ci spiega in cosa consiste il suo essere vegano, ma aperto, per esempio, al consumo di pesce o selvaggina.
Poi, ci sono coloro che hanno eliminato i latticini pur non essendo particolarmente intolleranti al lattosio; o chi non assume più vegetali appartenenti al gruppo delle solanacee perché ha letto che potrebbero peggiorare l’infiammazione cronica dell’intestino e favorire la permeabilità della barriera intestinale. Esempi di queste scelte personali possono essere innumerevoli e dimostrano come si stia passando dal concetto i mangiare un po’ di tutto ma senza eccedere, a quello di eliminare questo o quell’alimento considerato, per qualche motivo, dannoso.
Allo stesso modo, altri alimenti sono riconosciuti benefici: c’è chi, per esempio, aggiunge la curcuma ai suoi piatti; chi non dimentica di inserire broccoli o altre crucifere almeno due volte la settimana; o chi seleziona alimenti ricchi di omega 3 ben consapevole degli effetti di questi acidi grassi. Insomma, si elaborano pietanze in linea con le proprie convinzioni alimentari e si identificano diete sempre più personalizzate e molto spesso legate ad una sorta di fai da te salutistico in cucina. 
In realtà, l’attenzione alla dieta e la consapevolezza che il regime alimentare condiziona, in bene o in male, la propria salute, non è certo una novità. Ciò che è cambiato negli ultimi anni è riscontrabile in una sorta di nuovo paradigma, dove alla consapevolezza che attraverso l’alimentazione si possono controllare parametri come il sovrappeso e il colesterolo, entrambi strettamente legati alla salute dei vasi, è subentrata una nuova convinzione, ovvero che l’alimentazione influenza il microbiota, responsabile del buon funzionamento del sistema immunitario che, se alterato, può scatenare molteplici condizioni patologiche. Queste nuove e diffuse consapevolezze seguono a stretto giro un più profondo e radicato mutamento a livello di ricerca scientifica. Mentre, infatti, un tempo i ricercatori studiavano gli effetti a lungo temine di diete generiche come quelle  “mediterranea” o “occidentale”, oggi gli studiosi hanno accesso a strumenti e tecnologie che consentono loro di approfondire gli effetti, anche a breve termine, di alimenti specifici, dimostrando altresì i meccanismi molecolari alla base della loro azione sul buon funzionamento del sistema immunitario.

La dieta modula il sistema immunitario
Il nostro sistema immunitario, in effetti, è una rete complessa di cellule e molecole che lavorano insieme per difendere il corpo dalle infezioni. Per comprendere come l’alimentazione, o meglio, i singoli alimenti, possano agire su di esso, è opportuno richiamare alcuni concettI, come la differenza tra i due tipi principali di risposte immunitarie, chiamate immunità di tipo 1 e immunità di tipo 2. 
Quella di tipo 1 è una risposta immunitaria cellulare, orchestrata principalmente dai linfociti T helper di tipo 1 (Th1). 
Questa risposta è fondamentale per la protezione contro virus, batteri intracellulari e cellule tumorali. Le citochine chiave rilasciate dai Th1, come l’interferone-gamma (IFN-γ), promuovono l’attivazione dei macrofagi, che fagocitano e distruggono gli agenti patogeni. L’immunità di tipo 2, invece, è principalmente attivata dai linfociti T helper di tipo 2 (Th2) ed è orientata alla protezione contro parassiti extracellulari, ma è anche responsabile di molte risposte allergiche. Le citochine coinvolte, come IL-4, IL-5 e IL-13, stimolano la produzione di IgE, che si legano ai mastociti e innescano il rilascio di istamina e altre sostanze infiammatorie. Questo tipo di risposta, progettata per “espellere” l’agente patogeno o l’allergene, aumenta la produzione di muco e promuove l’infiammazione locale.
Ora, cosa c’entra la dieta in tutto questo? Più di quanto si possa immaginare. 
Ciò che mangiamo influenza il microbiota intestinale che può modulare la nostra risposta immunitaria e influire sul bilanciamento tra l’immunità di tipo 1 e 2.
Per fare qualche esempio, una dieta ricca di fibre alimentari favorisce la crescita di batteri benefici che producono acidi grassi a catena corta (SCFA), come il butirrato. Questi metaboliti hanno proprietà antinfiammatorie e possono aiutare a bilanciare le risposte di tipo 1 e 2, riducendo l’infiammazione eccessiva e mantenendo un sistema immunitario in salute. Al contrario, una dieta povera di fibre e ricca di grassi saturi e zuccheri può alterare il microbiota, favorendo uno stato infiammatorio cronico e aumentando la probabilità di una risposta immunitaria squilibrata, come un’eccessiva attivazione dell’immunità di tipo 2.
Concetti come questi sono, ormai, ampiamente noti ai nostri clienti.
Poi, c’è il lato delle nuove evidenze scientifiche che, in questo campo, non mancano mai. Per esempio, una recente ricerca è stata condotta nutrendo i topi con una dieta a basso contenuto di fibre e ricca di grassi per tre giorni, poi con una dieta normale per i tre giorni successivi, prima di ripetere il ciclo. Il passaggio alla dieta ricca di grassi ha soppresso il sistema immunitario e ha reso i topi più suscettibili alle infezioni batteriche, riducendo il numero degli anticorpi di tipo T che aiutano l’organismo a rilevare e memorizzare gli agenti patogeni. Parallelamente a queste evidenze, ulteriori test hanno dimostrato che la mancanza di fibre danneggia il microbiota intestinale che, quando è in salute, supporta proprio gli anticorpi di tipo T.
Si tratta di studi parziali che richiedono, per essere presi in seria considerazione, di essere condotti sull’uomo e confermati da altre ricerche. Tuttavia, il fatto che la scienza offra un costante supporto a convinzioni già ampiamente diffuse, alimenta la consapevolezza di quanto sia importante ciò che mangiamo. 


Il ruolo dell’obesità
Un’altra area in cui dieta e immunità si intrecciano è l’obesità. Questa condizione è associata a un’infiammazione cronica di basso grado, che può esacerbare l’attività dell’immunità di tipo 2, aumentando la predisposizione a malattie allergiche e respiratorie.
A tale proposito, diversi studi rafforzano l’idea che l’interazione tra dieta, immunità e metabolismo può avere ripercussioni dirette su malattie autoimmuni e infiammatorie. Studiando queste correlazioni, gli scienziati stanno ipotizzando nuove opzioni terapeutiche per la cura o la prevenzione di alcune importanti malattie metaboliche come il diabete.
Proprio un recente esperimento condotto su topi ha evidenziato un legame intrigante tra dieta e immunità di tipo 2. In questo studio, i topi alimentati con una dieta contenente chitina (un polisaccaride presente nelle pareti cellulari di funghi, crostacei e insetti) mostravano un notevole aumento della distensione dello stomaco rispetto ai topi alimentati con una dieta normale. Questo allungamento dello stomaco attivava l’immunità di tipo 2, che a sua volta stimolava la produzione di un enzima capace di digerire la chitina. Curiosamente, quando questo enzima veniva bloccato geneticamente, i topi mostravano dei benefici significativi: guadagnavano meno peso, accumulavano meno grasso corporeo e miglioravano la sensibilità all’insulina rispetto ai topi normali.
Ma non è tutto. La chitina non si limita a interagire con l’immunità; essa provoca anche un aumento dei livelli di glucagone-like peptide-1 (GLP-1), un ormone che sopprime l’appetito e che viene imitato da farmaci per la perdita di peso come l’Ozempic (semaglutide). Questo suggerisce che modulare il rapporto tra chitina, immunità e salute, per esempio riducendo l’attività dell’enzima che digerisce la chitina, potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuove terapie per il controllo dell’appetito e delle malattie metaboliche.
I collegamenti tra obesità, immunità e salute non finiscono qui. Per esempio, condizioni autoimmuni come la psoriasi sono da due a tre volte più comuni nelle persone obese rispetto a quelle di peso normale. I ricercatori dell’Emory University School of Medicine hanno studiato come l’obesità influenzi il sistema immunitario della pelle. Utilizzando tecniche di sequenziamento dell’RNA, hanno scoperto nei topi magri una certa popolazione di cellule T che di solito controllano l’infiammazione associata alla psoriasi. Tuttavia, nei topi obesi alimentati con una dieta ricca di grassi, questi livelli cellulari risultavano drasticamente ridotti, accompagnati da un aumento dell’infiammazione psoriasica.
E' chiaro che quando risultati di ricerche come queste arrivano alle orecchie di un pubblico particolarmente attento alla propria alimentazione, si possono scatenare delle prese di posizione talvolta esagerate. Si tratta, in effetti, di evidenze difficili da interpretare, spesso frutto di ricerche complesse e non univoche ma che, tuttavia, generano reazioni nel pubblico e si possono ripercuotere sulle scelte alimentari individuali. 
Per noi farmacisti, che spesso siamo una delle prime linee di contatto con i pazienti per quanto riguarda anche le loro personali scelte alimentari, gestire le convinzioni dei singoli clienti non è facile. Da un lato possiamo tranquillamente rassicurare il nostro interlocutore quando ci rappresenta convinzioni errate o comportamenti esagerati  del tipo: “dottore, non mangio più i funghi né i crostacei perché ho scoperto che contengono chinina che mi altera il sistema immunitario”. Chiaramente, questa presa di posizione è del tutto sommaria. Tuttavia, a livello generale, non possiamo negare che l’alimentazione non è solo una questione di prevenzione delle malattie metaboliche o cardiovascolari, ma gioca un ruolo fondamentale anche nel modulare le risposte immunitarie. Per chi gode di buona salute, continuare a mangiare un po’ di tutto ma senza esagerare rimane, ancora oggi, la regola migliore da seguire, alla quale si può abbinare il consiglio di seguire una dieta equilibrata, ricca di fibre, antiossidanti e acidi grassi omega-3. Questi consigli possono aiutare i pazienti a mantenere un sistema immunitario bilanciato, riducendo il rischio di infiammazione cronica e malattie legate all’eccesso di immunità di tipo 2, come le allergie.

La moda del digiuno
Fino a qui, abbiamo esaminato la crescente attitudine ad eliminare dalla propria dieta determinati alimenti o di favorire l’introito di altri considerati benefici. Esiste un’altra tendenza che merita di essere presa in considerazione: il digiuno, intermittente o meno che esso sia.
In effetti, bersagliate da notizie che questo o quell’alimento possono fare male, ma anche dalle crescenti evidenze che il sovrappeso e l’obesità sono condizioni correlate non solo ai rischi cardiovascolari, ma anche a molteplici situazioni di tipo immunitario, in molti potrebbero essere tentati di seguire un ragionamento tanto semplice quanto sbagliato: “visto che molti alimenti, per un motivo o per l’altro, creano problemi, di conseguenza il digiuno deve fare bene alla mia salute”. Anche a sostegno di questa tesi bislacca, le evidenze scientifiche possono venire travisate o analizzate sommariamente.
è vero, in effetti, che alcune ricerche evidenziano come il digiuno riduca il rischio legato ad una serie di condizioni come l’ipertensione, lo sviluppo di diabete o di asma, anche intervenendo attraverso una minore stimolazione del sistema immunitario.

Come possiamo contrastare, in farmacia, queste convinzioni sempre più diffuse, e frutto di una cattiva interpretazione di alcune evidenze scientifiche? 

Di certo, contraddire in modo perentorio il cliente potrebbe non rivelarsi un efficace risultato comunicativo. Una buona risposta potrebbe basarsi proprio sulla ricerca scientifica, mettendo, per esempio, in evidenza come sebbene le evidenze a supporto del digiuno come terapia siano cresciute nell’ultimo decennio, dalle ricerche è emerso anche che la riduzione delle calorie potrebbe avere effetti negativi indebolendo le risposte immunitarie. In uno studio pubblicato l’anno scorso, e condotto dall’Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York, i ricercatori hanno registrato una riduzione del 90% dei monociti circolanti nel sangue di topi a digiuno, e un aumento di queste cellule nel midollo osseo, dove vengono prodotte.
A chi sostiene i benefici del digiuno, si potrebbe altresì ricordare che, sebbene in effetti ci sono molte prove che il digiuno può essere benefico, è comunque necessario trovare un equilibrio e non spingere il proprio organismo agli estremi.Potremmo portare infiniti esempi di come il cambio di paradigma al quale stiamo assistendo, ovvero la diffusa presa di coscienza di come singoli alimenti o il cibo nel suo complesso possano influenzare il nostro microbiota e, di conseguenza, le risposte immunitarie individuali. 
E potremmo elencare innumerevoli scelte alimentari estreme ed errate delle quali veniamo a conoscenza quotidianamente. Rimane il fatto che la questione non è liquidabile facilmente, proprio perché la ricerca ci mostra sempre più chiaramente come l’alimentazione sia un potente alleato nella regolazione del nostro sistema immunitario e, quindi, del nostro benessere. Comprendere questi meccanismi permette ai farmacisti di consigliare in modo più efficace i propri clienti, promuovendo non solo la cura delle malattie, ma anche la prevenzione attraverso scelte alimentari consapevoli.

Alcuni nutrienti giocano un ruolo critico nella modulazione delle risposte immunitarie:

• Vitamina D: La vitamina D è un potente modulatore del sistema immunitario. È noto che una carenza di vitamina D può favorire una risposta di tipo 2 e aumentare il rischio di sviluppare malattie allergiche, come l’asma e la dermatite atopica. La vitamina D, infatti, aiuta a mantenere l’equilibrio tra Th1 e Th2, riducendo l’eccessiva produzione di citochine di tipo 2.
• Acidi grassi Omega-3: Gli acidi grassi omega-3, presenti in abbondanza nel pesce e nelle noci, hanno dimostrato di ridurre l’infiammazione e modulare le risposte immunitarie, inclusa quella di tipo 2. Sono in grado di ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie e di promuovere la risoluzione dell’infiammazione, proteggendo contro le malattie allergiche.
• Antiossidanti: Vitamine e minerali come la vitamina C, la vitamina E e il selenio, presenti in frutta e verdura, hanno effetti antinfiammatori e possono ridurre il rischio di una risposta immunitaria eccessiva. Gli antiossidanti neutralizzano i radicali liberi e prevengono il danno cellulare, limitando l’infiammazione cronica e promuovendo un sano equilibrio tra le risposte immunitarie.

 

vicks vaporub int 19.11
ABOCA NOVEMBRE METARECOD
medybox
Registrati alla nostra Newsletter
Iscriviti alla nostra mailing list per ricevere le ultime novità e aggiornamenti dal nostro team.

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Valuta da 1 a 5 stelle la pagina

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito?1/2

Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?1/2

Vuoi aggiungere altri dettagli?2/2

Inserire massimo 200 caratteri