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30 maggio 2024
di Alessandro Fornaro
Rif. rivista N4 2024 Nuovo Collegamento
I NUOVI ORIZZONTI  DELLA FARMACIA DEI SERVIZI

Nell’ambito della manifestazione Cosmofarma, svoltasi lo scorso aprile alla Fiera di Bologna, Utifar ha promosso il convegno “La farmacia dei servizi: aggiornamenti normativi e riflessioni economico finanziarie”. Questo evento, vista la grande attualità dei temi trattati,  ha richiamato un attratto moltissimi farmacisti che hanno gremito l’aula magna della chermesse, I relatori hanno approfondito le evoluzioni e le sfide del modello di “Farmacia dei Servizi”. Analizzando diversi aspetti cruciali della questione. 


In particolare, Paolo Leopardi ha esaminato le normative che regolano il settore, mettendo in luce importanti aggiornamenti. 
A seguire, Giovanni Trombetta ha discusso di decisioni strategiche a livello locale, con un focus particolare sulla Determina della Regione Emilia Romagna n. 247 del 24 febbraio 2024. 
Infine, Marcello Tarabusi ha analizzato le implicazioni economiche per le farmacie nell’erogazione di questi servizi, considerando non solo costi e ricavi, ma anche gli effetti indiretti benefici per le farmacie stesse.
In questo articolo offriamo ai lettori una panoramica dettagliata degli interventi presentati durante il convegno, proponendo un’intervista all’Avvocato Paolo Leopardi, seguita da una sintesi degli interventi dei commercialisti esperti del settore Marcello Trombetta e Giovanni Tarabusi.

Avvocato Paolo Leopardi, aprendo il convegno, lei ha riassunto gli aspetti normativi che regolamentano il settore dei servizi. Ci può fare una sintesi dell’evoluzione normativa che ha caratterizzato, negli ultimi anni, l’evoluzione dei servizi in farmacia?
La Farmacia dei Servizi, dopo oltre 10 anni di “silenzio” dalla pubblicazione del D. Lgs. 153/2009 che ha permesso l’erogazione dei servizi in farmacia, ha avuto un’evoluzione che già, grazie allo sforzo della “politica di categoria”, si era verificata nel 2018 quando la Legge di bilancio dell’epoca aveva previsto una fase di sperimentazione remunerata ma che, a causa delle drammatiche vicende legate alla pandemia COVID19, ha avuto il Suo massimo avvento.
Durante la pandemia, i farmacisti hanno dimostrato che, in quanto operatori sanitari, possono essere vicini ai pazienti. 
Di ciò la politica si è resa conto rendendo le farmacie un punto di riferimento per la salute pubblica.
Ciò che, giunti a questo punto, è fondamentale è che siano stabilite regole precise e, nei limiti del possibile, uguali per tutti.
Non è pensabile che il farmacista di una regione sia libero di erogare i servizi senza limiti e quello di un’altra regione debba sottostare a regole particolarmente restrittive.
In tale ottica non mi sento di criticare la Regione Emilia Romagna che ha posto regole precise con la propria recente Determinazione n. 247/2024 ma allo stesso modo ritengo che le restrizioni da questa dettate possano limitare lo sviluppo dei Servizi in Farmacia.

Cosa sarebbe giusto che facessero le Regioni, quindi?
Sicuramente dovrebbero confrontarsi a livello di conferenza Stato/Regioni ed assumere delle linee guida che poi, a livello locale, le varie Giunte traducano in provvedimenti ove le regole per l’erogazione dei servizi siano modulabili a seconda dei servizi erogati da ogni farmacia.

Ovvero?
Ad esempio stabilire limiti di spazio più o meno ampi a seconda dei servizi che la Farmacia intende erogare. In questo modo il farmacista che intende erogare tutti i servizi possibili, magari anche con la collaborazione di altre figure professionali, avrà necessità di spazi molto ampi, chi, viceversa, si limiterà all’erogazione di un minor numero di servizi potrà gestirli in spazi più limitati ed addirittura a farmacia chiusa.


Cosa consiglierebbe al farmacista oggi?
Di non perdere un’opportunità enorme come quella di erogare servizi in farmacia non tanto per la redditività che gli stessi servizi potrebbero produrre, quanto per affermare ulteriormente tutto ciò che di buono hanno fatto sinora le farmacie ed, in particolar modo, durante il periodo emergenziale quando le farmacie sono diventate punti di riferimento della sanità pubblica in quanto “prossime” al cittadino. Solo in questo modo la Farmacia continuerà ad essere un valore concreto.
Un altro consiglio è quello di seguire con attenzione l’evoluzione della Farmacia dei servizi formandosi, aggiornandosi ed informandosi al fine di conoscere le regole per la corretta erogazione dei servizi che, è opportuno ribadirlo, prevedono quale unico responsabile il titolare di farmacia.
In detta ottica, saranno molto importanti i convegni come quello organizzato da UTIFAR a Cosmofarma 2024, in quanto permetteranno ai farmacisti di conoscere la normativa, soprattutto locale, che regolamenterà la “Farmacia dei Servizi”.


Dottor Giovanni Trombetta, come si sente di valutare, oggi, la farmacia dei servizi?
Se dovessi esprimere con un voto il mio pensiero sulla “farmacia dei servizi” preferirei esprimerlo con un giudizio, come ai tempi dell’esame di terza media. 
Senza entrare nel merito della graduatoria dei valori, potrei cavarmela  attribuendo il giudizio di “adeguato”, “idoneo” o “sufficiente”. 
Del resto, attribuendo un 9 mi riferirei non ad un voto, bensì ai metri quadrati con cui la Regione Emilia-Romagna, con la DGR 247/2024 sul BUR del 13/03/24 ha inteso definire, in maniera precisa e dettagliata, le superfici ed altri requisiti che devono possedere le aree utilizzabili per lo svolgimento delle attività della «Farmacia dei Servizi», sia in regime privato che a carico del S.S.R.
La Regione Veneto, non tanto tempo prima, con la DGR 69 del 29/01/2024, così come altre Regioni, non ha definito in modo così preciso e dettagliato i requisiti delle aree da adibire alla «farmacia dei servizi», usando termini come appunto «adeguato», «idoneo», «sufficiente».

Torniamo alla delibera dell’Emilia Romagna. Cosa stabilisce, nello specifico, in termini di spazi?
Secondo la Regione Emilia-Romagna, le prestazioni e i servizi devono essere erogati in via generale nei seguenti spazi, definiti LOCALE e BOX, distinti dagli ambienti destinati alla distribuzione dei farmaci, a laboratorio galenico e a magazzino:
- In un LOCALE della farmacia (anche esterno, come previsto dalla delibera 446/2023) di superficie non inferiore a 9 mq e un’altezza non inferiore a 2,70 m con parete a tutta altezza.
Oppure:
- in uno spazio della farmacia articolato in BOX (box con pareti fisse/mobili - non tende) non a tutta altezza con divisori alti 2,20 m, spazio libero fino al soffitto di almeno 0,50 m e superficie di ciascun box di almeno 6 mq.
In via generale, lo spazio utilizzato deve essere idoneo a consentire l’ingresso del personale e della relativa attrezzatura per interventi di primo soccorso.
In ogni caso l’accesso e i percorsi debbono essere fruibili a pazienti in carrozzina o che utilizzano deambulatori o altri ausili per la deambulazione (L. 13/1989).
Quindi le “aree servizi” se, ad esempio, poste in piani superiori devono essere servite da ascensore o montascale e comunque avere una via di accesso fruibile dalle carrozzine.
Nella farmacia deve essere disponibile uno spazio di attesa adeguatamente arredato, con numero di posti a sedere commisurato alla tipologia e ai volumi di attività (anche uno solo).
Il locale “a tutta altezza” di superficie minima di 9 mq deve inoltre:
• essere dotato di aero-illuminazione naturale (finestre e porte vetrate) con superficie illuminante non inferiore a 1/8 (min 1,13 mq) e superficie di ventilazione non inferiore a 1/10 (min 0,9 mq) della superficie calpestabile (ottenibile anche con l’integrazione di ventilazione meccanica purché sia garantita almeno il 50% di ventilazione naturale (min 0,57 mq), salvo possibili deroghe valutate caso per caso e approvate (D.Lgs. 81/2008);
• essere opportunamente arieggiato in modo tale da garantire un costante ricambio d’aria; in particolare deve essere:
• attuato il ricambio d’aria in ragione del numero di persone presenti e del tempo di permanenza degli occupanti;
• verificata l’efficacia degli impianti aeraulici al fine di garantire l’adeguatezza delle portate di aria esterna secondo le normative vigenti; rafforzate ulteriormente le misure per il ricambio d’aria naturale e/o attraverso l’impianto aeraulico;
• garantita la pulizia, a impianto fermo, dei filtri dell’aria di ricircolo per mantenere i livelli di filtrazione/rimozione adeguati.
Gli impianti di condizionamento del locale, se tecnicamente possibile, devono escludere totalmente la funzione di ricambio dell’aria; qualora non sia possibile escludere il ricambio, va aumentata la capacità filtrante del ricambio, sostituendo i filtri esistenti con filtri di classe superiore, garantendo il mantenimento delle portate.
Anche il box o cabina servizi, quella da 6 metri, per intenderci, deve essere collocato in un ambiente che rispetti i requisiti di cui sopra. Quindi i requisiti di aero-illuminazione sopra riportati per il «locale» devono essere riferiti all’area complessiva che ospita il “box”.

Ma tutto questo non risulta eccessivamente complicato? 
Eccessivo? Certamente! Soprattutto se pensiamo agli spazi che attualmente la farmacia è in grado di mettere a disposizione con la sua superficie media inferiore agli 80 metri quadrati! In assenza di altri spazi, il farmacista sarà dunque chiamato a compiere una scelta di sacrificio, cioè, decidere se sacrificare parte dell’esposizione per fare spazio ad un “box” in cui dare esecutività alla Farmacia dei Servizi.
I farmacisti Emiliani potranno rinviare questa scelta per un triennio, infatti In attesa dell’adeguamento - entro tre anni - delle postazioni esistenti ai requisisti di cui sopra, le prestazioni e i servizi potranno essere svolti in ambienti/aree anche di dimensioni inferiori, adatti a svolgere le varie tipologie di servizi in sicurezza e in funzione delle attrezzature che sono utilizzate.
In tali casi è consentita la prosecuzione delle attività già avviate, potendo fruire di deroga per un massimo di tre anni dalla data di adozione del presente provvedimento, e comunque non oltre il verificarsi di uno dei seguenti eventi: trasferimento della farmacia in altri locali; annessione di locali distaccati.
• In deroga a quanto appena indicato, in assenza di un box o di un locale separato, le attività di cui al presente atto possono essere eseguite a farmacia chiusa, in uno spazio dedicato diverso dal banco vendita, dal laboratorio di galenica e dal magazzino, purché tutti i restanti criteri generali e specifici del presente atto siano rispettati.
• Su base annuale, sarà condotto un monitoraggio sull’applicazione dei criteri delineati nel presente documento, al fine di valutare possibili criticità, anche in relazione alle variazioni della normativa vigente.
• Al termine del terzo anno di monitoraggio, considerando gli elementi emersi, verrà valutata la possibilità di apportare eventuali aggiornamenti o modifiche necessarie finalizzate al coinvolgimento del maggior numero possibile di farmacie e alla garanzia di un’alta qualità del servizio offerto.

In questo momento, dunque, i farmacisti emiliano romagnoli sono penalizzati?
Beati i titolari le cui farmacie sono insediate in altre regioni, ma raccomandiamo di tenere rigorosamente conto di quanto disposto dalla Regione Emilia-Romagna, perché non vorremmo che con la citata DGR 247/2024 sul BUR del 13/03/24, si facesse scuola.
Nessun dubbio che ottemperare le citate prescrizioni, comporterà un ulteriore allontanamento del punto di pareggio per chi decidesse di investire nella farmacia dei servizi, soprattutto se nella definizione del listini, il farmacista non avesse adeguatamente valutato i costi di diretta imputazione, quali refertazione, kit di sviluppo, reagenti... e quelli indiretti legati all’investimento iniziale, da proiettare non solo su di un arco temporale ragionevole, ma anche su un numero di prestazioni adeguate che oseremmo definire di soglia minima.
Fortunatamente i software gestionali già in uso alle farmacie sono in grado, se opportunamente impostati, di valorizzare i diversi servizi che la farmacia già oggi eroga, distinguendoli per tipologia e per fasce orarie di erogazione, aspetto importantissimo perché in una prima analisi abbiamo potuto verificare che i servizi vengono prevalentemente preferiti nella prima fascia della mattina, in sovrapposizione con uno dei due momenti caldi nella giornata per la vendita/dispensazione di prodotti.
Non solo, se correttamente impostati nel prezzo e nei costi di diretta imputazione, i gestionali saranno in grado di restituire al farmacista informazioni importantissime circa il livello di autosostenibilità di tutto l’impianto della “Farmacia dei Servizi”.
Come sempre, la corretta applicazione di corretti principi di misurazione consentirà di apprezzare le performance, ma anche di evitare lo stupidissimo errore di credere di poter creare un modello vincente, semplicemente abbassando il prezzo della prestazione.

Dottor Marcello Tarabusi, nel suo intervento ha portato esempi concreti di quanto i servizi potrebbero impattare sui bilanci della farmacie. Alla fine dei conti, i servizi hanno un impatto economico sul valore d’avviamento della farmacia?
Bisogna anzitutto intendersi sul concetto di “valore”: i principi nazionali ed internazionali distinguono infatti tra diverse metodologie per attribuire valore ad un bene o ad una azienda:
a) approccio di mercato: il valore corrisponde al corrispettivo che il mercato riconosce al momento della vendita/acquisto del bene;
b) approccio reddituale: il valore è il controvalore attuale dei flussi futuri di cassa o di reddito che la farmacia produrrà in un orizzonte di tempo prevedibile;
c) approccio del costo: il valore è pari all’investimento che dovrei sostenere per riprodurre (costo di riproduzione) o riacquistare (costo di sostituzione) la stessa azienda.
A seconda del metodo impiegato, si ottengono risultati diversi. È semplice farsene un’idea se si pensa ad una farmacia appena aperta dopo averla vinta a concorso: il “costo di riproduzione” è pari alla soma dei costi necessari all’allestimento (arredi, prima scorta di magazzino, ristrutturazione locali, tassa di concessione, e così via); il “valore di mercato” è invece pari al corrispettivo (assai più elevato) che mi viene offerto per acquistare la titolarità della farmacia già aperta.
L’impatto dei servizi sul valore della farmacia, a propria volta, è misurabile solo con alcune metodiche e non con altre. Il farmacista, ma anche un dottore commercialista “vecchio stile”, tenderebbero a dare risposte semplicistiche.
Il farmacista penserà che i ricavi da servizi entrino nel calcolo del “fatturato” a cui applicare il mitico “multiplo” (120%? 180%? 200%?) che nella prassi sintetizza l’avviamento. Il commercialista “tradizionale”, al contrario, puntualizzerà che il multiplo si applica solo ai ricavi caratteristici commerciali, perché deriva da una prassi consolidata nata quando le farmacie non facevano servizi.
Un professionista con esperienza di valutazione d’azienda, al contrario, risponderà “dipende”. L’impatto dei servizi sul valore della farmacia dipende, appunto, da numerosi fattori: quale marginalità esprime l’attività di servizio? Che tassi di crescita ha? Quanto è stabile nel tempo? (ad esempio i tamponi Covid-19 sono terminati, le vaccinazioni e la telemedicina proseguiranno). 


Che investimenti sono necessari per allestire i servizi? (questo dipende dal tipo di servizio, dall’infrastruttura e attrezzatura necessaria, ma anche dalle diverse regole stabilite nelle singole Regioni come condizione per l’erogazione). Che grado di integrazione ha il nuovo servizio con la struttura attuale della farmacia? Che indotto (traffico, cross selling, reputazionale) genererà?

Con quali modalità, quindi, i servizi possono incidere sul valore della farmacia?
I servizi possono infatti contribuire al valore della farmacia con tre diverse modalità:
a) Redditività diretta, ossia attraverso il margine di contribuzione, ossia la differenza tra  i ricavi dei servizi ed i relativi costi diretti variabili (ad esempio materiali di consumo, kit e reagenti) e una quota dei costi indiretti specifici (ad esempio locazione degli spazi separati, ammortamento di dispositivi per le analisi, e così via);
b) Redditività indiretta, ossia attraverso i margini su ricavi di altri beni e servizi, che la farmacia non avrebbe avuto se non avesse svolto quei servizi. 
Può derivare da cross-selling (ossia vendite direttamente abbinate al servizio), oppure più generalmente dalla maggior attrattività della farmacia verso nuova clientela e dal maggior traffico generato. Tale contributo si misura attraverso un “tasso di conversione” (ossia: quante persone, di quelle che non erano clienti e che sono entrate in farmacia per un servizio, si “converte” in cliente acquistando qualcosa o addirittura diventando cliente abituale?
c) I servizi, infine, possono contribuire indirettamente alla creazione di valore “intangibile”: perché utili a promuovere il brand o immagine della farmacia, oppure perché le attribuiscono una “capitale reputazionale”, o infine perché, più semplicemente, incrementano il suo valore di avviamento.
Sotto quest’ultimo profilo, tuttavia, non tutte le componenti di creazione di valore sono agevolmente misurabili.
L’impatto sul brand, ad esempio, è molto importante, ma difficilmente misurabile: è possibile farlo solo nelle imprese grandi (catene con molte farmacie) o, nelle farmacie più piccole, solo se si dispone di un potente controllo di gestione che utilizza strumenti di business intelligence (BI): i software di business intelligence servono per creare dei cruscotti di dati aggregati per monitorare l’andamento aziendale in tempo reale, definendo i parametri di interesse, i periodi e le fonti di acquisizione del dato. 
I gestionali di farmacia sono potenti, ma i farmacisti li utilizzano molto al di sotto delle loro potenzialità. Servono poi programmi CRM (Customer Relationship Management) che aiutano a gestire, analizzare e ottimizzare le interazioni con clienti attuali e potenziali, attraverso tutti i relativi dati e sistemi ERP (Enterprise Resource Planning - pianificazione delle risorse d’impresa) che permettono di gestire in modo efficiente tutti i processi di allocazione delle risorse e misurazione dei risultati in un sistema integrato.

Ha parlato del valore della reputazione. Come può incidere questo parametro sui bilanci della farmacia?
Il capitale reputazionale è quell’insieme di valori e comportamenti sociali che, anche in ottica di responsabilità sociale d’impresa, influenzano il potere contrattuale dell’individuo o dell’azienda, e la sua percezione da parte dei clienti attuali e potenziali, fornitori, controparti pubbliche e private e comunità di riferimento. 
Una definizione comune è «la fusione di tutte le aspettative, percezioni ed opinioni sviluppate nel tempo da clienti, impiegati, fornitori, investitori e vasto pubblico in relazione alle qualità dell’organizzazione, alle caratteristiche e ai comportamenti, che derivano dalla personale esperienza, il sentito dire o l’osservazione delle passate azioni dell’organizzazione ». 
Il rischio reputazionale ne è l’altra faccia: il rischio, cioè, attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della impresa da parte di clienti, controparti, investitori, autorità pubbliche. 
Capitale e rischio reputazionale sono difficilmente misurabili, e generalmente solo attraverso indicatori qualitativi (ad esempio: sondaggi, questionari, analisi profili social network). Rimane, quindi, solo l’avviamento, che al contrario è una grandezza se non misurabile, certamente stimabile in modo attendibile attraverso appropriate metodologie di valutazione. 
La valutazione professionale, attuata con metodo scientificamente valido, è generalmente fondata sulla metodologia Il DCF(acronimo di discounted cash flow – flussi di cassa attualizzati), il principale metodo utilizzati per la valutazione aziendale nella prassi professionale.
Secondo la definizione data da Borsa Italiana: «il metodo dei flussi di cassa attualizzati (Dcf) è basato sulla determinazione del valore attuale dei flussi di cassa attesi da una specifica attività. Il flusso può essere rappresentato non solo dal cash flow ma anche dai dividendi (Ddm)».
La valutazione basata sui flussi di cassa attualizzati è funzione di tre elementi fondamentali: l’entità del flusso di cassa (al netto di eventuali nuovi investimenti o “CAPEX” – capital expenditures), la distribuzione nel tempo dei flussi e il tasso di attualizzazione.
La formula né Valore dell’azienda = VA + Pfn + surplus assets, in cui:
- VA = Valore dei flussi di cassa attualizzati, che dipende dai seguenti parametri: flusso di cassa, un tasso di attualizzazione che riflette il profilo di rischio, la durata dei flussi previsionali e un “valore terminale”, ossia il valore dell’azienda al termine del periodo di previsione esplicita dei flussi di cassa;
- Pfn = posizione finanziaria netta, ossia liquidità e crediti finanziari meno debiti finanziari.
- Surplus Assets = valore dei beni non inerenti alla gestione caratteristica (ad esempio un immobile non usato dalla farmacia).
È evidente che, in tale metodo di valorizzazione, i flussi finanziari  derivanti dai servizi giocheranno un duplice ruolo: da un lato, infatti, genereranno un flusso di cassa positivo, se i margini generati dall’erogazione dei servizi supera il valore delle spese di investimento per allestire i locali e le strutture necessari (negativo, invece, se i ricavi non bastano per recuperare l’investimento iniziale); dall’altro lato, generando indirettamente traffico, accessi e quindi ricavi da vendite di altri beni/servizi, produrranno flussi di cassa aggiuntivi, pari ai margini sulle vendite e prestazioni (che non si sarebbero avute se quei nuovi clienti non fossero stati attratti in farmacia dai servizi sanitari o se i clienti già esistenti non avessero avuto l’impatto fidelizzante delle nuove prestazioni).
Può accadere, e spesso accade, che il valore generato indirettamente (ossia attraverso il traffico e le vendite “spinte” dalle aumentate presenze) siano superiori al valore direttamente prodotto dai servizi. Questa componente, che ciascun farmacista deve misurare assieme alla redditività diretta delle prestazioni sanitarie erogate, è quella che, in genere, maggiormente contribuisce ad incrementare l’avviamento della farmacia.
E questo vale tanto se si utilizzano criteri di stima professionali e scientifici (come il DCF), quanto se si impiega il caro, vecchio, rozzo ma sempre efficace moltiplicatore. Perché i maggiori ricavi di vendita “incrementale” da cross selling e nuovo traffico mettono d’accordo tutti, farmacista, commercialista “vecchio stile” e valutatore professionista: sono infatti un incremento di fatturato che va sempre calcolato nella valutazione dell’avviamento.

 

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