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LA DIETA LOW FODMAP
Le odierne statistiche sostengono che una persona su sette soffre di sintomi gastrointestinali, quali gonfiore addominale, prevalenza di stipsi o di diarrea, disbiosi (alterazione della microflora intestinale chiamata anche “microbiota”), SIBO (sovracrescita batterica intestinale), MICI (Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali) ed il famigerato colon irritabile (IBS), la cui definizione corretta in realtà è “intestino irritabile”.
Questi sintomi condizionano la vita ed influenzano enormemente la psiche della persona che ne soffre: irritabilità, difficoltà di concentrazione, “terrore” nel consumo del cibo fuori casa sono tra i disagi più comuni.
è oramai riconosciuto scientificamente che l’asse “intestino-cervello-microbioma” è alla base degli studi degli specialisti che focalizzano la ricerca su fattori genetici, epigenetici e psicologici, incluso lo stress (ma è lo stress a causare la sindrome dell’intestino irritabile? O è quest’ultima che incide sullo stato psicologico giornaliero dell’individuo?), analizzano il tipo di alimentazione, verificano l’alterazione del microbioma (che a sua volta è conseguenza di altri fattori).
Si può quindi riuscire a stare meglio e conviverci?
La risposta è sì.
Riconosciamo tutti gli effetti benefici di attività fisica e meditativa, al fine di contrastare lo stress, grande protagonista dei nostri tempi e mantenersi in forma fisicamente.
Così come l’assunzione di alcuni probiotici o integratori possono dare un sollievo ai disagi intestinali nel breve periodo.
Ma non sono questi a fare la reale differenza.
Il ruolo primario è detenuto dalla dieta intesa come alimentazione quotidiana; la dieta mediterranea è riconosciuta a livello internazionale come equilibrata ed indicata per la prevenzione ed il benessere.
Anche chi soffre della sindrome dell’intestino irritabile può seguirla, con alcuni accorgimenti. Ovvero unendola al protocollo Low FODMAP.
Con questo acronimo inglese vengono chiamati alcuni zuccheri (fruttosio,l attosio), polioli (mannitolo, sorbitolo) ed alcune fibre (fruttani/FOS e GOS/galattoligosaccaridi) naturalmente presenti in determinati alimenti, ma che contribuiscono ai sintomi di chi soffre di disturbi intestinali.
Sono presenti in buona parte dei cereali contenenti glutine, frutta, verdura, legumi, dolcificanti, bevande e, nel caso del lattosio, nei prodotti lattiero caseari.
Gli studi sulla dieta Low FODMAP sono stati sviluppati in Australia dai professori in gastroenterologia della Monash University Shepherd e Gibson nel 2005. La dieta a basso contenuto di FODMAP (Fermentable Oligo-, Di-, Mono-saccharides, And Polyols) è un approccio alimentare sviluppato per alleviare i sintomi di disturbi gastrointestinali e si basa sulla riduzione dell’assunzione di specifici carboidrati a catena corta e polioli, che possono essere fermentati dai batteri intestinali, causando, come sappiamo, sintomi come gonfiore, dolore addominale, flatulenza e alterazioni del transito intestinale.
Questo approccio è conosciuto ampiamente nel mondo anglosassone (Australia, Nuova Zelanda, USA, Canada, Gran Bretagna), ma esistono pubblicazioni anche di paesi asiatici ed in misura minore europei. Nel 75% dei casi si evidenzia un concreto miglioramento dei sintomi dell’IBS grazie alla dieta a basso contenuto di Fodmap.
Ma come funziona questa dieta?
Occorre dapprima una fase di eliminazione, che ha una durata variabile dalle 2 alle 6 settimane, e un successivo reintegro ponderato e ragionato per comprendere quali FODMAP si tollerano e in che quantità.
Dopodichè è necessario procedere con la costruzione ed il mantenimento di uno specifico piano alimentare da seguire.
In Italia solo da qualche anno è preso in considerazione, ma ancora non è sufficientemente compreso ed applicato, nonostante le grandi potenzialità.
Myrea (www.myrea.it) è una start up innovativa che ha adottato il metodo Low Fodmap e che ha fatto del cibo per chi soffre di colon irritabile e di disturbi gastrointestinali la sua missione, la stessa amministratrice ne soffre in prima persona.
L’azienda, ispirandosi alle richerche della Monash University che ha sviluppato il progetto in base al tipo di alimentazione tradizionale australiano, ha indirizzato le proprie ricerche in relazione alle abitudini alimentari italiane ed utilizzando quindi ingredienti di uso quotidiano creando una linea di alimenti dall’ottimo profilo sensoriale, con glutine, (ricordiamo che il glutine non è un problema per chi soffre di problemi intestinali se non in soggetti celiachi o soggetti alla gluten sensitivity) ma low FODMAP grazie ad un fermento brevettato dall’azienda stessa, ad una meticolosa lievitazione e ad una attenta selezione delle materie prime.Il partner scientifico che ha collaborato in questo progetto sostenendo la parte analitica, eseguita come alla Monash University, è il dipartimento di chimica dell’Università di Parma. Non si tratta di cibi puntivi da un punto di vista compositivo o degli ennesimi prodotti alimentari dal gusto sgradevole: sono alimenti “normali”.
Sono fonte di fibre tollerate, a contenuto limitato di nichel, con materie prime prevalentemente italiane e privi di additivi.
Ripartiamo dalle fondamenta: esiste il cibo corretto per tutti, anche per chi soffre di intestino irritabile.
Ed oggi si può grazie alla tenacia ed all’impegno continui di ricercatori che si impegnano nel trovare una soluzione al disagio proprio ed altrui.