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10 maggio 2011
di
Rif. rivista Maggio 2011

Con la scusa che in farmacia i medicinali fanno riscontrare prezzi superiori agli altri canali, alcuni soggetti stanno lavorando per liberalizzare anche la fascia C. Così si rischia di scardinare un sistema che funziona, senza nemmeno una ragione presunta.

Fermiamoci un momento a pensare e immaginiamo un paese che conti una farmacia per abitante, dove si svendano farmaci al miglior offerente, all'insegna del libero mercato. Naturalmente si tratta di un paradosso, lontano dalla realtà, che vorrebbe tuttavia indurre delle riflessioni. Dal mese di febbraio ha preso piede un acceso dibattito in merito al disegno di legge sul riordino del sistema farmaceutico; all'esame, la proposta parlamentare di estendere la facoltà alle cosiddette parafarmacie e ai corner della grande distribuzione di vendere anche i farmaci di fascia C e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Servizio sanitario nazionale. La manovra avrebbe lo scopo di aumentare la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci, migliorare l'accessibilità del servizio ai consumatori e favorire lo sbocco professionale dei laureati in farmacia. Si tratterebbe quindi di un doppio canale di vendita: farmacie convenzionate con il Ssn e parafarmacie per la vendita di tutti i farmaci a carico dei cittadini. Attualmente le farmacie convenzionate sul territorio, secondo la pianta organica fissata per legge, sono 17.796, mentre il secondo canale è al momento formato da oltre 3.400 esercizi - tra parafarmacie e corner GDO - presso i quali lavorano circa 6.000 laureati in Farmacia, sia come titolari, sia come dipendenti. Secondo Roberta Sardella, presidente Fiafant (Federazione Italiana delle Associazioni dei Farmacisti Non Titolari), il farmacista di parafarmacia avrebbe tutte le carte in regola per gestire qualunque farmaco, fatta ovviamente eccezione per i farmaci rimborsati dal Ssn. Dello stesso avviso è il presidente Mnlf (Movimento Nazionale Liberi Farmacisti), Vincenzo Devito, concorde nel concedere la possibilità di dispensare i suddetti farmaci, per valorizzare i farmacisti che vi lavorano, che sono una risorsa per il Servizio sanitario nazionale. La deregulation degli etici di classe C è davvero un tema controverso, al punto tale che al convegno Utifar, svoltosi a Riccione il 2 e 3 aprile scorso, se ne è ampiamente dibattuto, nonostante l'obiettivo principale fosse quello di discutere punti e questioni relative ai nuovi servizi erogabili nelle farmacie. Del resto, il convegno Anpi (Associazione nazionale parafarmacie italiane) e le voci che vorrebbero nuovi spunti "pro liberalizzazione" nel ddl su sviluppo e competizione (che il governo dovrebbe presentare tra un paio di mesi), non potevano che sollevare delle perplessità. A fine marzo, infatti, a Roma è stato organizzato un convegno dal coordinamento delle parafarmacie, in materia di liberalizzazioni e concorrenza nel sistema distributivo del farmaco. Tra i numerosi partecipanti, Antonio Catricalà, presidente Agcom, si è mostrato concorde sulla necessità di liberalizzare la fascia C nelle parafarmacie: sarebbe a suo avviso incostituzionale mantenere una distinzione tra farmacie e parafarmacie, data la pari dignità professionale, il titolo e l'abilitazione all'esercizio. Inoltre, secondo Massimo Brunetti, segretario nazionale Anpi, per quanto il servizio delle farmacie sia di qualità, non riuscirebbe ad assolvere pienamente alle necessità della popolazione. Il sistema della pianta organica, prendendo in considerazione solo i residenti in un determinato territorio, trascurerebbe una molteplicità di fattori come la mobilità e gli spostamenti dei lavoratori oltre che il numero crescente di anziani. Secondo questa visione, le parafarmacie offrirebbero un sistema diverso rispetto a quello delle farmacie e in qualche modo complementare. La risposta del presidente Federfarma, Annarosa Racca, ha la fermezza di una presa di posizione netta e di un impegno: «La fascia C non uscirà dalla farmacia» Dopo essersi già espresso sull'argomento, sostenendo che accettare questo tipo di liberalizzazione comporterebbe un fatto che non ha eguali in tutta Europa, anche il Presidente della Fofi Andrea Mandelli ha ricordato l'impegno della Federazione sul tema: «Ci sono forti pressioni per portare la fascia C fuori dalla farmacia. Occorre analizzare la situazione e trovare come uscirne risolvendo le situazioni anomale che abbiamo. Con il riordino abbiamo la possibilità di avviare una riforma generale del servizio farmaceutico». Prospettive allarmanti: «Se la liberalizzazione passa - sostiene Enrico Finzi, presidente AstraRicerche - rischia di saltare il sistema perché si troverebbero di fronte al rischio di chiusura tra il 33 e il 45% delle farmacie». I dati forniti da Catricalà denunciano una crescita dei prezzi dei farmaci superiore nelle farmacie (+3,4%) piuttosto che nelle parafarmacie (+2,7%) e nella Grande distribuzione organizzata (+2,6%). è opportuno però ricordare alcune situazioni. Anzitutto, se è vero che in Italia i prezzi dei farmaci equivalenti sono più alti del 25% della media di quelli europei, questo non è certo imputabile alle farmacie; inoltre, i tagli dei prezzi hanno fatto sì che talvolta le industrie compensino quanto fanno risparmiare allo Stato per i prezzi dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale (classe A e H), con i prezzi di tutti gli altri medicinali (fascia C, Sop e Otc). Non sono diverse altre realtà di Paesi comunitari; in Francia le farmacie si schierano contro la liberalizzazione degli OTC chiesta dal gruppo Leclerc e anche in Grecia non sono mancate le agitazioni dell'Associazione farmacisti contro alcune riforme volute dal ministero della Salute Pubblica. Vi è poi la questione della dispensazione diretta dei farmaci. Nel mese di febbraio si è parlato di un accordo, stipulato tra Poste Italiane e Farmindustria, per consentire agli ospedali di far recapitare a casa dei pazienti cronici i farmaci per la terapia domiciliare, tramite il servizio postale, senza essere costretti a ritirarli dalle farmacie ospedaliere. A seguire, numerosi dubbi sollevati da Federfarma le cui motivazioni si focalizzavano sul "rischio di cattiva conservazione dei prodotti, di ritardi nei recapiti e di assenza di operatori sanitari capaci di fornire consigli o registrare eventuali reazioni indesiderate". A oggi il presidente Federfarma Rimini, Roberto Deluigi, è pronto a dare battaglia contro la dispensazione diretta dei farmaci, una modalità di consegna che scavalcherebbe completamente la rete delle farmacie: «Questo sistema di dispensazione da parte dell'Asl obbliga il paziente a recarsi presso l'ospedale o presso le strutture indicate, sobbarcandosi spesso lunghi spostamenti con conseguente dispendio di denaro e tempo, per ritirare quegli stessi farmaci che potrebbe ritirare nella farmacia sotto casa». Eugenio Leopardi, presidente Utifar, esprime il proprio rammarico, poiché sembra proprio che gli sforzi per utilizzare la rete delle farmacie come terminale sul territorio del Ssn, rischino in questo modo di essere vanificati. «La legge ha individuato un percorso molto chiaro per far sì che i farmaci oggi forniti dagli ospedali ai malati non ricoverati possano essere dispensati anche dalle farmacie». Così Federfarma sottolinea come la norma in questione punterebbe alla valorizzazione della distribuzione intermedia e finale nella gestione dei farmaci ospedalieri, sulla base di specifici accordi regionali, permettendone anche una consegna a domicilio del paziente, sempre mediata dalle farmacie. Scontri di opinioni su più fronti, la partita rimane aperta, di certo il dato che sempre più utenti acquistino via web farmaci che spesso risultano illegali o contraffatti (senza essere sottoposti ad alcun controllo), dovrebbe essere un campanello d'allarme.

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